Il cardinale Pietro Parolin «Siate solidali con gli esuli»

Celebrazione del segretario di Stato vaticano in Basilica con il Patriarca A chi gli chiede di far venire il Papa a Venezia risponde: «Non siete periferia»
Di Nadia De Lazzari
Interpress/gf.tagliapietra. 25.04.2015.- 70°anniversario della Liberazione.Messa del Patriarca Moraglia e il Cardinale Parolin
Interpress/gf.tagliapietra. 25.04.2015.- 70°anniversario della Liberazione.Messa del Patriarca Moraglia e il Cardinale Parolin

«Faccia venire il Papa a Venezia». Lo ha chiesto ieri in Basilica il Patriarca Francesco Moraglia al Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. Nell’affollata cattedrale la solenne messa era appena terminata. Il clero – presbiteri, seminaristi, diaconi – aveva raggiunto la sacrestia riunendosi in semicerchio in attesa del cardinale. Il Segretario di Stato Vaticano è entrato accompagnato da monsignor Moraglia. Accolti dagli applausi entrambi sorridevano. Il porporato salutava e ringraziava. Il Patriarca non ha perso tempo. È intervenuto rivolgendosi al cardinale Parolin: «Faccia venire il Papa a Venezia. Adesso la responsabilità è Sua». Pronta la risposta del Segretario di Stato Vaticano. «Venezia? È poco periferia» ha detto, riferendosi all’attenzione del Papa per gli ultimi.

Ieri, con una Piazza blindata, è stata la giornata di festa cara ai veneziani nel nome di San Marco, evangelista patrono e protettore della Città e delle genti venete. In Basilica il Segretario di Stato Vaticano Parolin ha presieduto il pontificale concelebrato con il Patriarca Moraglia alla presenza delle massime autorità civili e religiose e, per la prima volta, dei neo Procuratori di San Marco.

La celebrazione è iniziata con il saluto del Patriarca al primo collaboratore di Papa Francesco. Un accenno letterario e storico, “I Promessi Sposi”, poi un ricordo dell’evangelista Marco, il cui corpo riposa sotto l’altare maggiore della Basilica che, ha detto il presule, «per noi veneziani è la più bella del mondo».

Nel tempio un fascio di luce e un inconsueto scoppio di applausi. Il cardinale Parolin ha portato alla città il saluto del Santo Padre. Numerosi i richiami alla misericordia, all’indizione del prossimo Giubileo straordinario e soprattutto all’attualità. Nell’omelia il porporato ha citato Pietro. «Ci invita a resistere alle astute manovre del maligno e avvertirci delle sofferenze a cui può andare incontro una convinta testimonianza di fede. Lo vediamo anche ai nostri giorni, dove, in non pochi luoghi del pianeta, la professione di fede in Cristo a volte comporta la piena disponibilità al martirio». E ha continuato: «La storia è nelle mani di Dio il quale rovescia le prospettive e i progetti terreni e sa trarre frutti di salvezza, utilizzando anche i limiti, gli abbandoni e le ribellioni dell’essere umano». Il porporato ha indicato una strada: «L’umiltà e la misericordia diventino lo stile nel quale cerchiamo di comunicare la verità del Vangelo». Dal pulpito rievocando San Marco il Cardinale ha sottolineato con chiarezza: «Non faccia mancare a coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nella sfera civile quel coraggio, quella costanza e dedizione, necessarie per svolgere il loro alto compito di servizio al bene comune. Li aiuti ad individuare con chiarezza gli obiettivi prioritari verso cui tendere e le vie più idonee a realizzarli».

Infine il ricordo dei conflitti, delle lotte fratricide del drammatico biennio 1943–1945 e della Seconda Guerra Mondiale. Queste le sue toccanti parole: «Mentre ci preoccupano le notizie di tante tragedie e conflitti nel mondo e registriamo, che le discriminazioni e le persecuzioni per motivi religiosi, etnici o ideologici non sono solo un retaggio del passato, ma sono ancora purtroppo presenti nelle cronache dei nostri giorni, ci sia concesso di ringraziare il Signore per i tanti benefici e progressi, che questi 70 anni di pace hanno consentito all’Italia». Poi il monito: «Il ricordo della fine dell’ultimo conflitto mondiale ci spinga a lavorare con rinnovato vigore per la pace e la concordia tra i popoli, ci impegni ad essere solidali con gli esuli e gli ultimi e a rimanere vigili nei confronti dei pericoli che provengono da color che, strumentalizzando e manipolando un interesse di parte, un’ideologia o una religione, invece di portare liberazione e giustizia, arrecano all’umanità le ferite lancinanti della violenza e della sopraffazione».

Il silenzio ha riempito la Basilica. Nella liturgia eucaristica alcuni fedeli hanno portato i doni. Tra questi, come da tradizione, una coppia di gondolieri ha offerto rose rosse. Vittorio Orio e Ivano Zanchi hanno sfilato due bòcoli dal cesto porgendone uno a monsignor Moraglia e un altro al cardinale Parolin che, sorpreso dell’omaggio, si è intrattenuto con simpatia qualche minuto. Orio spiega: «Abbiamo detto che è una tradizione veneziana e che per il Giubileo andrò da Papa Francesco in gondola». Infine tutti si sono recati in Palazzo patriarcale.

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