I vescovi veneti: battezzate i figli di separati e divorziati

La nuova pastorale privilegia l’apertura ai sacramenti voluta da Papa Francesco. Novità per padrini e madrine: se inadeguati non saranno esclusi ma «testimoni»
VENEZIA «È la porta d’accesso agli altri sacramenti, ci libera dal peccato e ci rigenera come figli di Dio»: così il Catechismo definisce il battesimo, autentico fondamento della vita cristiana nella coscienza dei credenti. Ma la richiesta di battezzare i figlioli va accolta sempre e comunque? Ha preso avvio da questo interrogativo la “due giorni” di studio della Conferenza episcopale del Triveneto, riunita al Cavallino per mettere a punto le linee di una nuova pastorale battesimale per le chiese del Nordest. Ispirata, nel documento finale diffuso, ad un atteggiamento di comprensione. Perché, insegna la catechesi, il battesimo può essere differito (non negato) solo in casi eccezionali, allorché «manca del tutto la fondata speranza che il figlio sarà educato nella religione cattolica». Ma chi può escludere tale eventualità, anche in presenza di genitori separati, divorziati, coppie di fatto, persone lontane dalla pratica ecclesiale? Certo il battesimo non è un optional da dispensare alla leggera... «Nel valutare la domanda dei genitori occorre molta saggezza, paziente dialogo, motivazioni convincenti, ma anche comprensione, amabilità e misericordia», concludono i vescovi citando le parole di Francesco: «Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale», sostiene il Papa nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium «tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo». Ipse dixit, verrebbe da dire. Con un corollario, riguardante le figure dei padrini e delle madrine, tutt’altro che ornamentali nella liturgia sacramentale: a loro è richiesto di «collaborare con i genitori nella formazione religiosa del figlio e di mantenere avere una relazione costruttiva con il “figlioccio” attraverso l’esempio, il consiglio, l’incoraggiamento, la preghiera»; tant’è: può accadere che prescelti, dopo un’attenta valutazione, risultino privi dei «requisiti prescritti ma esprimano pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa» al battezzando. Che fare allora? Tra l’esclusione drastica e l’inclusione superficiale, la Conferenza episcopale sceglie una “terza via” che consiste nel renderli partecipi del rito in veste di «testimoni», invitando i genitori a scegliere il padrino e la madrina veri e propri «tra catechisti, educatori, operatori pastorali o altre figure significative dei gruppi familiari che operano in parrocchia e conoscono la coppia». Gesti d’apertura impensabili anche nel recente passato. Diventati prassi nella nuova Chiesa secondo Francesco.

 

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