I veneziani e l'incubo sanità"Orsoni alzi la voce"

VENEZIA. "Il sindaco alzi la voce con la Regione, faccia sentire la sua autorevolezza, intervenga subito, ora, adesso, per difendere prima che sia troppo tardi la sanità veneziana, chiedendo il riconoscimento della specificità di Venezia nel piano socio-sanitario o sarà il disastro".
Il presidente del Centro diritti del Malato
Gianpiero Rigamonti
lancia un appello forte dal gazebo della
Nuova
: "Il sindaco, la giunta devono sentire l'obbligo morale di intervenire in difesa della sanità veneziana".
"La Regione sta discutendo il piano socio-sanitario, strategico per il futuro" incalza
Mario Novarini
, del Comitato difesa dell'ospedale civile, "si parla di specificità delle aree montane, ma non si citano mai Venezia, la laguna e le isole, con i loro 100 mila abitanti e 21 milioni di turisti. E' una vergogna. I sindaci devono smetterla di dire che non c'entrano con la sanità: non c'entrano con la gestione, ma con la programmazione sì".
Rigamonti punta su due temi per chiarire l'emergenza. "La bozza di piano" dice, "prevede la chiusura delle Ostetricie con meno di mille parti l'anno: come pensare di chiudere Venezia, che ne ha la metà? Ed è ora di intervenire con forza sul caso dell'ambulatorio di Ematologia, dove trenta pazienti emotrasfusi sono costretti in un "baraccone" che oggi è in mezzo al cantiere del Civile, uomini e donne assieme: una condizione insopportabile, che rischia di peggiorare. Che ne sarà dell'ambulatorio se non sarà riconosciuta la specificità di Venezia? Tutti a Mestre? E che ne sarà della ristrutturazione dello Jona?".
Residenza, manutenzione della città, imposte tra i problemi più sentiti. "La mia famiglia abita a San Lio dal 1907", dice
Francesco Scaringi
, classe 1938, "ma non mi sento più cittadino di Venezia: alberghi ovunque, sotto le mie finestre si sentono solo i rumori dei trolley dei turisti, notte e giorno".
"Qui non si cura più la residenzialità, perché si privilegia il turismo, che è vero che porta lavoro ed economia, ma sposta le decisioni nelle mani di pochi gruppi di pressione, spesso anche lontani da Venezia", osserva
Carlo Vian
. "Sono invalida al 90%", chiede aiuto la signora
Wanda Poli
, "e abito in una casa Ater di Sacca Fisola, al quinto piano, senza ascensore: chiedo da anni un cambio d'alloggio, ma non mi ascoltano. Come faccio a fare le scale? Devo andare a vivere in magazzino?".
"Oggi ho rischiato di cadere due volte, sul ponte di Santa Maria Nova e su quello dei Gesuiti", commenta
Maria Cristina Frondi
, "manca la manutenzione dei ponti".
"Un suggerimento al sindaco: più manutenzione per strada. Ci sono masegni sconnessi ovunque" incalza l'archietto
Mariagrazia Ricci
, "a Venezia non andiamo in auto, ci rimettiamo caviglie e ginocchia. Eppoi, visto che i turisti siedono ovunque, si pensasse a un vero piano di arredo urbano, anche con panchine: ma ben fatte, disegnate da veneziani, in pietra d'Istria".
E il verde pubblico: "Non capisco perché non rimettano gli alberi dove muoiono", si domanda
Vito Di Filippo
, "due a San Samuele, cinque a San Lorenzo". Quindi, servizi impazziti e richieste che complicano la vita. "Mia madre, 78 anni, ha ricevuto una bolletta Veritas per i rifiuti da 2 mila euro, per un appartamento di 45 metri", racconta
Alvise Rosa
, "roba da fare un infarto. Naturalmente un errore, ma vi faccio immaginare il giro di telefonate e il tempo perso per venirne a capo".
"I problemi di Venezia?, conclude
Aldo Beltrame
, Troppi turisti, troppi venditori ambulanti, troppa immondizia per strada in una città in stato pietosto per mancanza di pulizia e troppo poche prospettive per i giovani, che Venezia non offre".
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