I venetisti: "tricolore infame, alpini servi"

Insulti in rete in vista dell'adunata nazionale delle "penne nere". L'attacco: "le bandiere italiane degli alpini insozzano le strade". Gentilini: "Sono pazzi, il loro movimento va eleminato"

TREVISO. «Un altro cencio bianco rosso e verde, che mi ricorda la strofa canticchiata da bambino: il colore delle tre m....». Basterebbero queste parole per far indignare la gran parte dei cittadini italiani, anche quelli che magari chiedono l’autonomia, ma hanno padri e nonni che in nome di quella bandiera sono morti, o hanno faticato.

E invece no, i venetisti hanno deciso di alzare l’asticella della loro sfida allo Stato puntando più su: contro gli alpini e contro il tricolore, offeso più e più volte in uno degli ultimi comunicati del Movimento di Liberazione Nazionale del Veneto, una formazione politica dal peso specifico minimale, ma dal trascorso penale lungo e non certo trascurabile, soprattutto visti i pericolosissimi eccessi del furore indipendentista.

Il “Mlnv” è stato l’organizzatore del progetto per armare una “polisia veneta”; ha pubblicato documenti in cui minacciava punizioni per sostituti procuratori, questori, dirigenti di polizia e pure funzionari pubblici; ha sostenuto e inneggiato più volte la disobbedienza fiscale non per protesta contro le cartelle fiscali, ma contestando l’esistenza dello Stato Italiano.

Sergio Bortotto con la divisa della "polisia veneta"
Sergio Bortotto con la divisa della "polisia veneta"

Solo parole? Mica tanto. Ma se anche si volessero solo pesare quelle, il comunicato contro gli alpini non è cosa da prendere alla leggere. «Vergognosi sudditi e servi, che issano nelle nostre strade l’infame tricolore italiano» scrive il movimento nel suo sito internet prendendo di mira le operazioni di “imbandieramento” della provincia che stanno facendo sventolare in tantissime strade migliaia di bandiere italiane in vista dell’attesissima adunata alpina di maggio.

A scrivere è Sergio Bortotto, presidente del Mlnv e del sedicente Governo Veneto provvisorio (provvisorio «in vista della sua definitiva affermazione») che punta il dito contro i sindaci, anche i leghisti, «che autorizzano questi alpini, servi del regime straniero italiano, a insozzare per mesi le nostre strade con i tricolori, per autocelebrarsi con la loro adunanza di maggio».

Deliri? Di certo non si fermano qui: «L'infame emblema italiano» prosegue Bortotto, «è furbescamente issato ad ogni angolo perché l'italia non sa proprio più come coinvolgere la cittadinanza con le celebrazioni dei suoi falsi miti, del falso patriottismo, di una invereconda e sfrontata pretesa di ritenerci italiani per forza. Non basteranno neppure gli alpini» minaccia poi il presidente venetista, «a impedirci di spazzare via una volta per tutte questo sciagurato periodo di occupazione italiana».

Bortotto poi scrive ancora, in un altro messaggio ai sodali, contro la «strasa italiana» criticando che «a quasi due mesi dall'adunata degli alpini italiani, una forza armata dello stato invasore, questi ci impongono il loro tricolore». E le migliaia di persone che a quel cappello alpino e al tricolore guardano con affetto e onore? «Inpostori, indegni servi».

Il post dei venetisti
Il post dei venetisti

Reazioni? Attese. Ma nel frattempo arriva già la durissima reprimenda di uno che da sempre ha fatto della sua appartenenza alpina un onore, e pur leghista doc rispetta il tricolore: Giancarlo Gentilini. «I venetisti sono impazziti, gli alpini sono sacri, certe affermazioni sputano in faccia alle migliaia di persone che sono morte per la Patria. Autonomia? Indipendenza? In questo caso non c’entrano nulla» continua il leone della Lega Nord, «io non appoggerò mai le loro parole e anzi penso che il loro movimento dovrebbe essere cancellato, eliminato». Gentilini equipara i venetisti ai «bolscevichi, ai comunisti che dicevano di sparare contro i soldati italiani».

Epiteta tutti come «bastardi» e ribadisce di essere orgoglioso dello sventolare di tricolori e dell’adunata di Treviso sui cui oggi sembra essersi alzata una tensione prima inattesa. I venetisti non ritrattano e rincarano. L’attacco non è destinato a finire qui.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia