I veneti come gli scozzesi: «Nessuno ci fermerà più»
VENEZIA. C’è un Veneto che stasera farà il tifo per la Scozia: lo sgangherato arcipelago degli indipendentisti, gli inguaribili nostalgici della Serenissima, quasi tutta la Lega Nord. Ma nelle ultime settimane il virus separatista si è infilato sottopelle anche nei veneti meno sospettabili: dalla casalinga di Solesino al pensionato di Comelico Superiore; persino qualche prudente democratico si è lasciato sfuggire che, insomma, se lo fanno gli scozzesi e i catalani non può essere così grave. Del tutto scettico il mondo delle categorie, dagli industriali ai sindacati, che giudicano poco più che una «stupidaggine» la separazione del Veneto dal resto d’Italia.
Eppure, l’acuto sondaggista triestino di Ixé, Roberto Weber, lo aveva detto a Mogliano Veneto in tempi non sospetti: «Guai a sottovalutare le tensioni indipendentiste, sono tutt’altro che campate in aria: covano da tempo e la crisi economica le sta facendo esplodere».
Di sicuro la questione è esplosa nelle mani della politica regionale, che dopo aver cincischiato per due anni intorno alla questione «referendum sì/referendum non si può», si è vista arrivare le televisioni di mezzo mondo (da Al Jazeera alla Cnn) solo perché il sedicente movimento Plebiscito.eu aveva indetto tra il 16 e il 21 marzo scorso una consultazione on line, alla quale - secondo i promotori - avrebbero partecipato due milioni di veneti (centomila secondo fonti più autorevoli).
Adesso il suo leader, Gianluca Busato, è definito dal quotidiano canadese Toronto Star «leader dei separatisti veneti» e interpellato dal Financial Times (che ignorano la Lega) sugli scenari geopolitici dopo il voto scozzese. E può permettersi persino di snobbare la Lega: «Abbiamo fatto più di noi per la questione veneta in pochi mesi che la Lega in 25 anni: dunque, perché andarle dietro?» risponde guardando alle elezioni regionali del prossimo anno. «Il referendum scozzese - spiega Busato – testimonia che l’Europa è percorsa da un vento indipendentista senza precedenti: la Scozia rappresenta una lezione di civiltà, certamente un passo in avanti.
Lo paragono a una rivoluzione gentile e pacifica, al pari del crollo del muro del 1989: oggi la Scozia, a novembre la Catalogna, le Fiandre di fatto sono già separate, spero tocchi presto anche al Veneto». E aggiunge: «Credo che il regionalismo sia la strada anche per costruire una nuova Europa. Il declino degli Stati nazionali è ormai inarrestabile, saranno le regioni a ricostruire l’Europa».
E allora tutti a guardare stasera lo spoglio del referendum scozzese. I bookmakers inglesi, che la vedono lunga, pagano molto più generosamente la vittoria del no alla secessione, giudicandola improbabile. Ma tutti i sondaggi registrano un testa a testa che rischia, da domani mattina, di cambiare la carta geografica d’Europa. Dopo la Scozia toccherà alla Catalogna esprimersi sull’indipendenza, in un referendum convocato per il 9 novembre prossimo. E il Veneto?
«Dopo queste due consultazioni sarà difficile impedire al Veneto di esprimersi con un voto» ragiona Lucio Caracciolo, direttore di Limes, ospite del Festival della politica. E così la pensa dallo stessso palco anche il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli. Ma il Veneto della politica, dopo aver a lungo interrogato saggi e sondaggisti, ha deciso la strada di due leggi regionali: l’una per convocare un referendum sull’indipendenza, l’altro per rispondere a un quesito sullo statuto speciale. Il risultato? Il governo ha impugnato entrambi i provvedimetni e, fino a sentenza della Consulta, non se ne farà niente.
Nel frattempo il vento separista contagia l’Europa. Vi salta sopra persino un leader che alla secessione non ha mai creduto come Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario della Liga veneta, che ieri mattina davanti a Montecitorio ha chiamato a raccolta i parlamentari veneti per attirare l’attenzione.
E anche l’ex parlamentare leghista, mai secessionista, il trevigiano Giuseppe Covre, ragiona: «God save Scotland. Il referendum scozzese è uno straordinario test per l’Europa: un test serio, che viene dalla culla della democrazia. Comunque vada potrebbe aprirsi una pagina nuova per l’Europa: soprattutto dimostra che votare si può, non è uno scandalo. Scommetto poi che se fosse stata la Sicilia a chiedere un referendum per la separazione, il governo non l’avrebbe impedito».
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