I tre kosovari al Riesame per essere scarcerati
«Scarcerateci, non siamo terroristi». A poco più di una settimana dal blitz interforze nei due appartamenti a San Marco che aveva portato all’arresto di quattro kosovari (tra cui un minore) presunti jihadisti, pronti a organizzare un attentato sul ponte di Rialto, i tre adulti hanno presentato istanza al tribunale del Riesame di Venezia contro la misura cautelare massima chiesta dalla pubblico ministero Francesca Crupi e autorizzata dal giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza.
Ieri, nell’ultimo giorno utile (i termini formalmente sarebbero scaduti domenica), l’avvocato Francesco Pelliccia ha presentato la richiesta di riesame per Arjan Babaj, 27 anni, considerato l’ideologo della presunta cellula terroristica, e Fisnik Bekaj, 24 anni, che secondo la Procura sarebbe un combattente che è stato in Siria, o quantomeno ha provato a raggiungere quella terra attraverso il Kosovo. Lo stesso ha fatto l’avvocato Patrizia Lionetti per Dake Haziraj, 25 anni, il più manesco del gruppetto, tenuto conto anche dei precedenti: a suo carico in Procura, infatti, c’è un’inchiesta prossima alla chiusura per lesioni personali per aver massacrato di botte un professionista veneziano nel 2014. Posizione a parte è quella del minore arrestato, il cui fascicolo segue il percorso giudiziario previsto per gli under 18.
La presentazione dell’istanza al tribunale del Riesame rappresenta il primo passo fatto dalle difese che stanno studiando le carte. Solo nei prossimi giorni, infatti, i due avvocati depositeranno le motivazioni del ricorso che verterà comunque sulle misure cautelari disposte nei confronti dei tre indagati. L’udienza dovrà celebrarsi entro 15 giorni. Dal momento dell’arresto, Babaj si trova in una cella a Venezia, Bekaj a Treviso e Haziraj a Belluno. Ma presto potrebbero essere tutti trasferiti in penitenziari dotati di sezioni ad alta sicurezza, come previsto per chi è in carcere per terrorismo. Sempre che il Riesame non decida di accogliere la richiesta di una misura cautelare meno afflittiva.
Intanto ieri l’avvocato Pelliccia è stato a Santa Maria Maggiore a trovare Babaj, provato dopo una settimana di detenzione. Al difensore il giovane ha ripetuto di essere estraneo alle accuse che gli vengono mosse. A breve il legale farà visita anche a Bekaj, che già nei giorni scorsi gli aveva confidato (non facendolo però mettere a verbale davanti al giudice durante l’interrogatorio di garanzia) che con l’Is non ha nulla a che fare e che in Siria non è mai andato. Ma anche che in Kosovo si è recato non per addestrarsi alla Jihad ma per trovare i parenti, e che la ferita alla mano non era conseguente ai combattimenti in Siria bensì a una banale caduta a Venezia. Parole, queste, che contrastano con le tante intercettazioni ambientali in mano agli investigatori. È proprio Babaj, il 22 marzo, a dire «Se domani faccio il giuramento e mi danno l’ordine, sono obbligato a ucciderli tutti».
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