I presunti jihadisti in Cassazione chiedono di essere scarcerati
I kosovari arrestati a fine marzo presentano ricorso contro la decisione del tribunale del Riesame Attesa per i risultati sulle analisi degli smartphone dei tre che progettavano un attentato a Rialto
Interpress/ 30.03.2017.- Operazione terrorismo. HAZIRAJ DAKE
Si sono rivolti alla Suprema Corte di Cassazione i tre presunti jihadisti arrestati a fine marzo con l’accusa di progettare un attentato sul ponte di Rialto e da allora in carcere in regime di isolamento. È proprio sull’alleggerimento della misura cautelare bocciato dal tribunale del Riesame di Venezia che verte il ricorso presentato dai tre kosovari. Arjan Babaj, 28 anni, considerato l’ideologo del gruppo (avvocato Francesco Pelliccia), e Fisnik Bekaj, 25 anni, accusato di essere stato in Siria a combattere nelle fila dello Stato Islamico, hanno presentato personalmente il ricorso per Cassazione contro il pronunciamento del tribunale del Riesame. Dake Haziraj, invece, il più violento del gruppo, si è affidato ai suoi difensori, gli avvocati Alessandro Compagno e Patrizia Lionetti.
«Contestiamo la legittimità del provvedimento del tribunale del Riesame che a nostro modo di vedere non è corretto», chiarisce l’avvocato Compagno sottolineando come la Cassazione non possa entrare nel merito del pronunciamento. Quando era scattato il blitz delle forze dell’ordine, era stato arrestato anche un minorenne, considerato dagli inquirenti il più esaltato del gruppo e quello che nelle intercettazioni parla di fare «bum bum» sul ponte di Rialto.
Ai giudici della Suprema Corte, i tre presunti jihadisti hanno chiesto di rivedere la decisione del tribunale del Riesame che ad aprile aveva respinto le istanze di scarcerazione presentate dalle rispettive difese. Nelle motivazioni, i giudici del Riesame avevano scritto: «È fondato ritenere che gli odierni ricorrenti siano inseriti in un ben preciso organigramma criminale, di cui fanno parte anche altri adepti e che si propone l’obiettivo di promozione e propaganda del terrorismo di matrice islamica». E poi ancora: «Quanto alle capacità effettive del gruppo di porre in essere azioni di violenza, basti rammentare il contenuto dei video dove veniva spiegato come realizzare ordigni esplosivi “home made”. (...) Ci sono gravi elementi dimostrativi di una effettiva partecipazione di ciascuno all’associazione terroristica sovranazionale Isis».
La pubblico ministero Francesca Crupi, titolare delle indagini, attende di ricevere i risultati dell’analisi dei computer e degli smartphone che erano stati sequestrati ai kosovari, oltre che le nuove intercettazioni che andranno ad aggiungersi alla mole di dialoghi captati dagli investigatori nei due appartamenti del centro storico dove vivevano i presunti jihadisti. Dalla prima tranche di intercettazioni erano emerse frasi choc tra cui quella pronunciata da Haziraj poco prima dell’arresto: «Per Dio taglierei loro (agli infedeli, ndr) la testa come tagliare una pesca, come tagliare una cipolla». E il diciassettenne, parlando del rischio di essere arrestato e finire in carcere: «È un evento voluto da Allah per mettermi alla prova e questo arresto ci renderà più forti».
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