I precedenti che hanno offuscato le 5 stelle del Movimento a Mira

Dal mancato referendum sulla Città metropolitana alla “parentopoli dei poveri”, fino al gettone di presenza tenuto stretto

di Ugo Dinello

MIRA. Che qualcosa proprio non andasse liscio lo si era capito poco dopo la sbornia di popolarità per l’elezione. Era cominciato con quell’atteggiamento in Consiglio della serie: «Votate e tacete» e la poca voglia di discutere con il “popolo” se non quello dei meetup, cioè con gli iscritti alle discussioni online gestite dal Movimento 5 Stelle.

La cosa si era aggravata quando era arrivata l’opportunità della Città Metropolitana. Mira gravita sia su Venezia che su Padova, quindi in molti erano convinti di poter decidere con un bel referendum, uno dei sistemi di autogestione promessi dal Movimento 5 Stelle. Tanto più che tutti i consiglieri “grillini” sparsi nel Comuni della Provincia facevano a gare per fare inserire negli ordini del giorno le loro richieste di “Referendum sulla Città Metropolitana”.

Invece a Mira silenzio. Al punto che dopo un po’ era stata avviata una raccolta firme. «Glielo diciamo, fateci votare, così faranno il referendum. Sono grillini, no?». A quanto pare non lo erano più. Dopo qualche giorno (si sarà consultato con qualcuno?) il sindaco Alvise Maniero ha ufficializzato il “No”. Con una motivazione: “No all’ennesimo carrozzone”. Che è un’opinione legittima, ma appunto una opinione, del signor sindaco, mica di tutti i miresi che già pregustavano la possibilità di esprimersi così come promesso in campagna elettorale.

Niet, nisba, nein. Mugugni, primi dubbi, primo rinchiudersi di sindaco a giunta: meno comunicati stampa, meno contatti, Consigli comunali sempre più “a scatola chiusa” con una serie di punti all’ordine del giorno, alzata di mano e via.

Poi qualcuno aveva cominciato a fare il “gioco delle coppie”. Perché va bene che i grillini all’inizio erano pochi, va bene che è un movimento nato quasi in famiglia. Ma in paese ci si conosce tutti: che il sindaco avesse la fidanzata consigliere, passi. Che marito e moglie siano altri due consiglieri di maggioranza, forse faceva alzare qualche sopracciglio. Ma che per la presidenza del Consiglio comunale venisse scelta la convivente del primo eletto in un Consiglio comunale della provincia, vero leader del movimento a livello locale, beh, questa aveva fatto mugugnare gli stessi grillini, che avevano cominciato a chiamare la presidente con l’irriguardoso nomignolo di “la convivente”

E questo malessere di movimento deve aver cominciato a creare qualche distinguo anche nelle segrete stanze di giunta, così come ai meetup, dove non si leggevano più tra i partecipanti alcuni nomi storici del M5S.

Poi la questione dei gettoni di presenza, l’ennesima promessa fatta prima delle elezioni. Se n’era ricordato Paolino D’Anna, Pdl, assessore in provincia e consigliere ed era partita la provocazione: «Ma non avevate promesso di rinunciare? Eccomi, io voterò con voi, diamo quei soldi ai disoccupati». Un bell’amo, che però era stato ingoiato fino in fondo. Perché 36 euro per ogni Consiglio e commissione cominciano a fare un qualcosina. Ma le facce attonite tra i banchi “grillini” facevano capire che qualcuno aveva cominciato a farsi due conti. Una coppia può portare a casa sugli 800 euro. Una presidente del Consiglio parecchi di più. E qui il “meetup” dev’essere stato davvero febbrile, se, a occhi bassi, giunta e maggioranza avevano spiegato che: «No, la politica ha un costo, il gettone verrà mantenuto». Ed è stata una delle poche volte (forse l’unica) in cui tutti i consiglieri di maggioranza si erano alzati a parlare, a spiegare che il gettone doveva restare.

Ora tocca all’assessore donna, che andrà a casa perché incinta. Forse la definitiva, sicuramente la peggiore tra le figure che resteranno appiccicate a questa esperienza di governo di un ente locale.

Ma, vada come vada, per un movimento nato tra le file progressiste questo non è più il bemolle mal riuscito. È la stecca finale.

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