«I nostri tre bambini sono stati portati via dai servizi sociali»
VENEZIA. “Ridateci i nostri bambini”. A parlare è un nonno residente nel Veneto Orientale che reclama i propri nipoti, rispettivamente di 6, 12 e 13 anni, figli di sua figlia. Lunedì mattina gli assistenti sociali sono andati a prenderli nelle rispettive scuole, prima di iniziare la lezione mattutina, e li hanno portati via, lontano dalla loro famiglia. Evidentemente, per assumere una simile decisione, devono aver avuto motivazioni precise e serissime, perché in questi casi il trauma può essere fatale e segnare per sempre dei bambini. Ora sono a quanto risulta in una comunità di accoglienza per i minori, ma i parenti non si danno pace e non conoscono i motivi di una simile decisione che li ha fatti piombare nello sconforto e nella confusione.
«Non sappiamo cosa sia accaduto», racconta il nonno disperato dopo aver saputo del trasferimento dei nipotini, «sappiamo soltanto che i nostri bambini non torneranno a casa perché già sono stati portati e chiusi in questa comunità specializzata per i minori e senza alcuna spiegazione sulle motivazioni che hanno portato i servizi sociali ad assumere una decisione così grave. La madre è andata via, ma loro vivevano con il padre che ha ottimi rapporti con noi».
«Lo abbiamo sempre aiutato», aggiunge, «i bambini venivano tranquillamente da noi, erano ben vestiti, mangiavano, erano felici e potevano avere tutta l’assistenza e l’amore necessari dalla loro famiglia senza che ci fossero altri interventi dall’esterno e così traumatici».
L’altra mattina il mondo è crollato loro addosso. I nonni non riescono ad accettare quanto è successo, vogliono sapere, denunciano una decisione presa, a quanto dicono, a loro insaputa e che non ha ragione d’essere. I servizi sociali usano spesso metodi drastici nei casi limite, quando ritengono vi siano situazioni di pericolo per i minori e accertano la necessità di una forma di tutela. «Non possiamo accettare quanto è stato stabilito dagli assistenti sociali», continua il nonno incapace di trovare una momento di calma e serenità, «anche perché non abbiamo avuto alcuna spiegazione e sappiamo solo che i nostri tre piccoli sono rinchiusi chissà dove, in una comunità, e non con la loro famiglia».
Giovanni Cagnassi
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