I malati sono quattromila l’identikit del giocatore
È maschio, ha 50 anni o poco meno, un diploma di licenza media e a fronte di uno stipendio medio di 1200 euro mensili riesce a indebitarsi anche di 60 mila euro, pur di giocare alle Slot o alle Vlt del bar del quartiere.
«A differenza delle altre dipendenze quella da giochi, anche quando il paziente è recuperato si trascina a lungo proprio per il debito da ripagare, ed è un aspetto al quale molto spesso non si pensa», spiega Emilia Serra, del Serd (Servizio dipendenze) dell’Asl 10 (San Donà) che, insieme agli altri del Veneziano, in questi mesi ha partecipato al gruppo di lavoro per la stesura del regolamento. In tutto il Veneziano sono 367 - 65 solo nell’Asl 12 di Venezia e Mestre - le persone seguite dai Serd ma si stima che rappresentino meno del 10% delle persone con dipendenza da gioco. «Possiamo tranquillamente dire che sono almeno 4 mila le persone interessate da questo problema, ed è una stima al ribasso», aggiunge Serra. Tecnicamente si chiamano soggetti con Gap, condotte di Gioco d’azzardo patologico. Geograficamente il problema è più sentito nell’area di Chioggia, dove la percentuale di soggetti seguiti sul totale della popolazione (0,08%) è doppio rispetto a quello delle altre Asl. E non a caso l’area di Chioggia è quella in cui c’è il maggior numero di punti gioco ogni mille residenti.
Su scala provinciale in quattro casi su cinque i pazienti sono uomini, italiani, sposati o no fa poca differenza. E solo l’11% si trova senza lavoro. Per il 95% dei casi la dipendenza è proprio da Slot o da Vlt, mentre è marginale la presenza di quelli che si sono rovinati a colpi di scommesse. Poche le donne, e pochi i ventenni. Ma ci vuole l’occhio esperto dei medici del Serd per leggere un dato che potrebbe sembrare positivo. «Le donne sono molto poche perché, dalla nostra esperienza», spiega ancora Emilia Serra, «fanno molta più fatica degli uomini a chiedere aiuto». Per ciò che riguarda i giovani «è vero che non c’è la passione per le slot ma c’è, soprattutto nella fascia compresa tra i 15 e 20 anni, per le scommesse sportive». Non è facile, per le strutture dell’Asl, intercettare le persone dipendenti. Nella maggior parte dei casi sono i familiari, esasperati, a chiedere aiuto all’Asl o ai servizi sociali del comune di residenza. Serviranno le misure introdotte dal regolamento? «Le pratiche sperimentate in altri Paesi ci dicono di sì», aggiunge la psicologa del Serd, «diminuire la complessiva disponibilità del gioco d’azzardo, come fa questo regolamento, è uno dei punti principali». Gli altri riguardano aspetti sui quali un regolamento non può intervenire come la prevenzione, la riduzione della disponibilità d’accesso al denaro. Anche togliere gli sgabelli davanti ai giochi: un piccolo gesto che però - è provato - limita il tempo in cui i giocatori restano davanti allo schermo.
Francesco Furlan
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