I legali dei fratelli Sorgato alzano lo scudo: «Nessun movente e neppure tracce»

Gli avvocati di Freddy e Debora tentano di smontare le accuse: il 9 ottobre la sentenza
Foto Agenzia Candussi / BARON / MESTRE VIA DELLE MESSI /MESTRE USCITA IMPUTATI PROCESSO D'APPELLO OMICIDIO ISABELLA NOVENTA
Foto Agenzia Candussi / BARON / MESTRE VIA DELLE MESSI /MESTRE USCITA IMPUTATI PROCESSO D'APPELLO OMICIDIO ISABELLA NOVENTA

AULA BUNKER di MESTRE. Con una guerra combattuta a colpi di dotte citazioni, è stata battaglia per instillare il seme del dubbio. Parola alle difese, ieri, nell’aula bunker di Mestre. L’ultima parola prima delle repliche previste la mattina del prossimo 9 ottobre, poi la camera di consiglio.

E, nel pomeriggio, la Corte d’assise d’appello di Venezia (presieduta dal giudice Alessandro Apostoli Cappello) pronuncerà la sentenza di secondo grado (l’ultima che entra nel merito) nei confronti dei fratelli Freddy e Debora Sorgato, sul banco degli imputati con l’ormai ex amica veneziana Manuela Cacco, tutti accusati di aver concorso nell’assassinio premeditato di Isabella Noventa. E nella soppressione del suo cadavere (solo Cacco deve rispondere pure di stalking).



La difesa di Freddy. I difensori del camionista-ballerino (il penalisti Giuseppe Pavan e Massimo Malipiero) non hanno voluto “sposare” la versione di Freddy («Isabella è morta durante un gioco erotico»). Ma hanno scelto la strada di demolire la ricostruzione dell’omicidio emersa dall’inchiesta coordinata dal pm padovano Giorgio Falcone. O, almeno, tentare di farlo.

Primo dubbio: perché Freddy avrebbe voluto uccidere Isabella? Non c’è movente: i due erano apparsi sereni la sera poche ore prima della sparizione della donna, come avrebbe confermato una cugina di lei che li aveva incrociati in pizzeria.

Delitto giustificato da ragioni economiche? Debora temeva che Isabella mettesse le mani sul patrimonio del fratello? Nessun riscontro. E le chiamate al cellulare tra i componenti del terzetto la notte maledetta della scomparsa di Isabella, il cui corpo non è mai stato trovato? E i percorsi dell’auto di Freddy, di Debora e della Cacco sempre la stessa notte? Ancora, e la sfilata in centro di Cacco vestita con il piumino bianco di Isabella?

“Mascherata” improvvisata, ha insistito la difesa, copiata dal trucco utilizzato dal fratello della vittima (Paolo Noventa) durante un servizio della trasmissione Mediaset “le Iene” (era finito nel mirino del programma per abuso della professione dentistica). Poco (anzi per nulla) credibile la Cacco, l’accusatrice che ha attribuito a Debora l’esecuzione del delitto.

La sua collaborazione con gli investigatori (sarà lei a confessare la sfilata e poi i nove minuti dell’omicidio consumato nella villetta di Freddy) solo il tentativo di salvare se stessa. Altro dubbio: i fatti possono avere lettura diversa.

La difesa di Debora. Diverso l’approccio dei legali di Debora Sorgato, gli avvocati Roberto Morachiello e Luca Motta. Le accuse? Non reggono. Manca l’ora e il luogo del delitto. E manca il corpo. Solo parole nei confronti di Debora. Le parole della Cacco: è lei a colpire con una mazzetta Isabella nella cucina della villetta del fratello. È lei a infilarle un sacchetto in testa e a strozzarla con una corda. È sempre lei con il fratello a far sparire il cadavere nel Brenta, o chissà dove. Tuttavia gli accertamenti tecnici non hanno trovato riscontri: nessuna traccia biologica nella casa. E neppure nella Golf di Debora.

Conclusione dei legali: manca la prova del delitto. Ci sono solo le accuse della coimputata. E la “pulizia” del cellulare? Normale: Debora aveva un telefonino datato e la memoria piena blocca le altre funzioni. La sua auto, però, sarebbe stata ripresa dalle telecamere di Noventa (dove c’è la villetta di Freddy) la notte del (presunto) delitto. Nessuna certezza che lei fosse a bordo, hanno ribadito i difensori. «Debora non aveva odio verso Isabella... Tanto che quest’ultima, vittima di stalking, si era rivolta per un aiuto al maresciallo Verde, compagno di Debora». La sua colpa? Aver prestato l’auto al fratello per andare a ballare con Isabella. E, lasciando parcheggiata la sua macchina davanti alla villetta di Freddy, depistare la Cacco, gelosa. Poi il ritorno a piedi nell’abitazione del congiunto, di notte, perchè aveva dimenticato in auto chiavi e borsetta. E qui Debora avrebbe assecondato la richiesta di Freddy: accompagnare Cacco in centro per un appuntamento e infine riportarla da lui.


La difesa di Manuela Cacco. Nessuna premeditazione da parte di Cacco secondo il suo legale, l’avvocato Alessandro Menegazzo. Manuela? Una donna che aveva vagato intorno alla casa di Freddy, la notte del giallo, spinta dalla gelosia. Una notte in cui, forse, ai fratelli Sorgato è sfuggita di mano la situazione «senza che vi fosse l’intenzione di giungere a una conclusione tragica». Una lite finita male? Tutto è possibile. E il telefono “furbetto”, intestato al padre della Cacco e da lei regalato a Freddy, poi usato per i contatti sospetti tra il 15 e il 16 gennaio? E gli sms inviati all’amato nei giorni di gennaio («Ti amo... porta pazienza ancora per poco»)?

Secondo l’avvocato Menegazzo «Manuela si è prestata solo a indossare il giubbetto bianco e a camminare per il centro di Padova... Non basta per condannare oltre ogni ragionevole dubbio». —

 

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