I funerali di nonno e nipote: «Nessuno può giudicare mio padre»
SPINEA. Ieri mattina Lendinara si è svegliata triste, sotto un mantello umido e grigio e con un appuntamento doloroso da onorare: l’ultimo saluto a Danillo Giacometti, un nome che lascerà aperta una ferita profonda, insieme alle tante domande sospese nell’aria da domenica pomeriggio. Dal momento cioè in cui quest’uomo mite e volitivo, ha abbracciato il nipotino Davide, di 5 anni, affetto da una grave malattia neurogenetica, e si è gettato con lui nel fiume, dove sono stati ritrovati morti qualche ora dopo, ancora abbracciati, dai vigili del fuoco.
Il funerale inizia alle nove nella parrocchia di San Biagio ma già un’ora prima iniziano ad arrivare i partecipanti. Si parla piano, si accennano pochi saluti, il dolore è l’unico compagno al quale ogni persone si stringe. Nessuno vuole parlare perché non esiste verbo capace di varcare questo tipo di soglia. Prevalgono sentimenti come il pudore e il rispetto, che trovano naturale espressione nel silenzio e nel raccoglimento.
La famiglia di Danillo Giacometti si fa avanti con forza, la vedova Franca insieme alla figlia Patrizia e Matteo Giacometti, figlio di Danillo e padre del piccolo Davide, con la moglie Angela, uniti e coraggiosi in uno dei momenti peggiori che la vita possa riservare.
Matteo Giacometti, nel suo doppio drammatico ruolo, riesce anche a trovare le parole per esprimere l’ultimo saluto e dimostrazione di amore al padre con un invito: «Nessuno può giudicare mio padre».
La navata di destra della chiesa è accesa di rosso: sono gli Amici di Garibaldi, gli amici di Danillo, che per tanti anni ha indossato tuba e completo ottocentesco alle numerose rievocazioni storiche dell’associazione cittadina.
«Non vogliamo sapere. Non possiamo giudicare. Possiamo solo cercare di amare, secondo l’esempio di Gesù Cristo», dice don Massimo Guerra nell’omelia, fugando ogni tentativo di considerazione superflua e invitando all’amore e alla compassione l’assemblea. «In questi giorni sono state fatte tante considerazioni, ma poi è prevalso l’unico atteggiamento che si può adottare: il prendere atto. E basta. Voler comprendere, anche se è legittimo, è una forzatura. Meglio lasciare spazio a sentimenti come il rispetto. Questa comunità ha scelto il rispetto». Il sacerdote continua sulla strada tracciata anche da Matteo Giacometti, quella dell’astensione dal giudizio: «In questa situazione, così come in tante altre, dobbiamo riconoscere che è impossibile giudicare. Uno solo è il giudice, ed è il Figlio di Dio. Nel Vangelo Gesù afferma di non essere venuto per condannare ma per salvare. Noi oggi siamo qui per invocare l’amore misericordioso di Dio Padre».
La cerimonia sfuma veloce verso la fine, la folla resta immobile, quasi stordita, fino alla partenza del corteo funebre verso Spinea,dove il corpo di Danillo Giacometti verrà cremato. E dove oggi si dovrà affrontare l’ultima difficile prova: l’addio al piccolo Davide, il fiore che voleva sbocciare.
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