I fratelli Boscarato condannati per il fallimento dell’Amelia
Un anno e quattro mesi e pena sospesa grazie alla condizionale. Questa la condanna, ieri, per i fratelli Boscarato, Diego e Marco, amministratori della Cap srl, la società che gestiva il ristorante un tempo più famoso di Mestre, “dall’Amelia”, che il padre Dino aveva lasciato loro in eredità. Dovevano rispondere di bancarotta preferenziale proprio della srl che gestiva il locale: il pubblico ministero Stefano Ancilotto aveva chiesto una condanna a due anni. Ieri, citando il perito che a sorpresa alcuni mesi fa il Tribunale aveva nominato durante il dibattimento, ha sostenuto che già nel 2007, ben prima della dichiarazione di fallimento, la società era in condizioni di insolvenza tanto che per chiudere il bilancio di quell’anno in attivo i due imputati avevano creato una voce fasulla di 500 mila euro di attivo.
Durante la scorsa udienza, Diego e Marco avevano sostenuto che dei conti e del bilancio della società si occupava il loro commercialista, mentre loro si dedicavano alla gestione del locale. Il rappresentante dell’accusa, però, ha ricordato che i due Boscarato non erano semplicemente soci ma addirittura amministratori della Cap srl, oltre che gestori dell’attività. Quindi «è incomprensibile», ha sottolineato, «come non si siano accorti delle perdite e dell’insolvenza, probabilmente qualcuno ha suggerito quel trucco per far risultare attivo il bilancio ma doveva essere impossibile non rendersi conto dell’insolvenza».
Il Tribunale, presieduto dal giudice Savina Caruso, ha condannato i fratelli Boscarato a risarcire il fallimento con 60 mila euro, il cui curatore si era costituito parte civile con l’avvocato Simone Zancani, che proprio quella cifra aveva chiesto. Il legale ha sostenuto che gli imputati avrebbero ricordato le responsabilità del loro commercialista, quello che seguiva il bilancio della società, troppo tardi: avrebbero dovuto farlo ben prima dell’ultima udienza. Comunque, ha sottolineato che a portare al fallimento sarebbero state le scelte dei due fratelli.
Nella scorsa udienza il perito, la commercialista Federica Candiotto, aveva spiegato che i due imputati avevano certificato un aumento di capitale di 500 mila euro, mentre era stato semplicemente di 179 mila, così in quell'anno l'utile non era stato di 50 mila euro, ma si era verificato un passivo di 309 mila euro. Inoltre aveva sostenuto che con le loro azioni, tra i quali prelievi dal conto corrente, i fratelli Boscarato avrebbero incrementato il passivo di oltre 500 mila euro. Nel 2008, poi, le perdite della società erano già salite a 972 mila euro e, nonostante l'enorme passivo, i Boscarato non avrebbero chiesto il fallimento, aggravando il dissesto della Cap srl che in seguito - aveva spiegato il curatore fallimentare Massimo Da Re - aveva raggiunto il milione e 600 mila euro.
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