I croupier di Venezia: in pensione, ma assumete i figli
In prepensionamento soltanto se assumono i loro figli. Un accordo molto “innovativo” quello di cui si sta discutendo alla Casa da Gioco veneziana. Che sicuramente potrebbe essere vantaggioso per la società dal punto di vista economico, con il risparmio di decine di migliaia di euro l’anno. Ma che sta sollevando proteste e altre ne potrebbe scatenare in tempi di crisi e di difficoltà a trovare lavoro per migliaia di veneziani. Succede che in queste settimane azienda e sindacati sono seduti a un tavolo per cercare di ridurre i costi del lavoro, nell’ambito della ristrutturazione che porterà tra poco ad affidare all’esterno la gestione del settore giochi.
E durante la trattativa è uscita la proposta. Due croupier potrebbero andarsene in pensione anticipata. Se sul piatto l’azienda metterà oltre alla buonuscita dovuta, l’assunzione dei loro figli. «È vero ne abbiamo parlato, ma non abbiamo firmato nulla», conferma l’amministratore delegato della Casinò spa Vittorio Ravà, «quando mi hanno avanzato questa ipotesi ho detto che per essere ricevibile doveva essere fatta propria dal sindacato». Come dire, proponetela ufficialmente e vediamo cosa succede. Della proposta, Ravà ha anche informato il sindaco e l’assessore alle Aziende Antonio Paruzzolo. Ma per ora l’accordo non è stato siglato. Sarebbe quantomeno inconsueto che per accettare l’uscita anticipata i lavoratori della Casa da Gioco imponessero l’assunzione di loro familiari. Un costume in voga al Casinò fino a qualche anno fa. Gli elenchi degli assunti contengono molti cognomi abbastanza noti nel mondo della politica. Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, e i giovani hanno il diritto di trovare lavoro. Ma forse non sarebbe male mettere tutti nelle stesse condizioni.
Una trattativa che in qualche momento ha anche fatto un po’ gola alla Spa. Lo stipendio di un croupier si aggira intorno ai 100 mila euro, il costo per l’azienda è anche superiore. Assumendo un giovane il risparmio sarebbe evidente. Anche perché i contratti degli ultimi assunti ai tavoli di Ca’ Noghera certo non sono come quelli degli «anziani». Un problema ancora irrisolto, quello del costo del lavoro. Che pesa sulla gestione del Casinò e ha provocato molte polemiche in passato per il diverso trattamento dei dipendenti comunali trasferiti al Casinò, che guadagnavano il triplo dei loro colleghi rimasti in Comune per svolgere le stesse funzioni. Tempi d’oro ormai passati. Adesso l’azienda non assume, anzi tenta di ridurre il personale e i suoi costi, rimettendo in discussione contratti stipulati in periodi in cui il Casinò guadagnava anche 200 milioni di euro l’anno. Adesso siamo tornati ai minimi, e l’incasso garantito al Comune è stato quest’anno di 23 milioni di euro (erano 98 nell’accordo di qualche anno fa). Si cerca di accelerare l’operazione di cessione del reparto gioco, che potrebbe portare nelle casse del Comune 360 milioni. E intanto la trattativa per i prepensionamenti va avanti. Incagliata, per ora, sull’assunzione dei figli dei prepensionati.
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