I Comitati privati: «Stop ai contributi»
La città rischia di perdere i finanziamenti dei Comitati privati per la Salvaguardia. Una forma di protesta clamorosa contro quella che viene definita la «trasformazione della città in senso turistico». L’inusuale e polemica iniziativa è sul tavolo dell’organismo che dal 1966 coordina gli aiuti e i finanziamenti per i monumenti e le opere d’arte della città d’acqua. I rappresentanti dei comitati si sono riuniti l’altra sera in seduta straordinaria con il presidente Umberto Marcello del Majno. «Stiamo superando la soglia massima, si sta mettendo a rischio il concetto stesso di città», accusa Del Majno, presidente dell’organismo che raccoglie oggi 24 comitati da tutto il mondo, «la continua vendita dei palazzi di pregio e la trasformazione degli edifici in albergo sta compromettendo l’equilibrio di Venezia». L’ultimo clamoroso esempio, dice il presidente, è la vendita annunciata dall’Università Ca’ Foscari di tre palazzi storici per finanziare le attività dell’istituto, Ca’ Cappello, Ca’ Bembo e palazzo Cosulich, messi sul mercato immobiliare. Il Comune ha protestato, chiedendo il blocco del cambio d’uso. Ma il rettore Carraro ha deciso di andare avanti. «Quei soldi servono per mandare avanti le attività», dice.
I Comitati privati, in genere poco inclini alla polemica con le istituzioni, hanno deciso di scendere in campo. «Nessuna polemica con il rettore, non è nel nostro stile», attacca Del Majno, «ma questa situazione sta diventando preoccupante. Ricordo che tre anni fa l’assemblea annuale aveva approvato una raccomandazione per fermare questi cambi d’uso e la trasformazione della città in un grande albergo. Ma la situzione non è migliorata».
«Ci sono motivazioni economiche, senz’altro», continua Del Majno, «ma il risultato è che questa città viene stravolta. Un albergo significa un cambio di popolazione che frequenta quei palazzi, una modifica del tessuto sociale. Prendiamo campo Santo Stefano, qui vicino: in poco tempo sono stati svuotati tre grandi palazzi storici che ospitavano l’Ire, il Consorzio Venezia e il suo centro informativo. Se ne sono andati e adesso è facile che anche quelli diventino alberghi. Vuol dire che la gente che lavora e magari consuma non c’è più.
La città svuota, e questo non era il motivo per cui all’indomani della tragica alluvione del 1966 avevamo fondato i comitati». Gruppi che vengono da 24 Paesi, che in collaborazione con l’Unesco hanno finanziato dagli anni Settanta quasi mille interventi di recupero di monumenti e opere d’arte. «Negli ultimi anni abbiamo speso circa due milioni l’anno per la città. Crediamo che la nostra voce vada ascoltata».
Non è solo la questione delle vendite dei palazzi. Per i comitati è anche urgente sveltire la burocrazia, dare tempi certi alle imprese e agli interventi. «Un’altra questione», dice il presidente, «riguarda le grandi navi. Anni di battaglie e di prese di posizione. Adesso il governo sembra aver deciso di toglierle da San Marco. Ma quanto tempo dovrà ancora passare?». Anche per i restauri le procedure a volte rallentano la conclusione degli interventi.
«La lentezza dei lavori», continua Del Majno, «mette a rischio la credibilità di una soluzione. A questo punto ci stiamo chiedendo se valga davvero la pena di continuare a finanziare una città che ormai sta andando da un’altra parte. Chiediamo un’inversione di tendenza».
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