«I cantieri del Mose? Erano legittimi»
Dopo dieci anni il Consiglio di Stato respinge il ricorso del Wwf su Malamocco e dà ragione al Consorzio Venezia Nuova
Interpress/Mazzega Vitucci Venezia, 15.10.2014.- Porto Malamocco, varato l'ultimo cassone di sponda del Sistema "Mose"
VENEZIA. Il cantiere del Mose forse non era in regola. Ma il ricorso è stato presentato «tardivamente». E anche annullando oggi quella delibera della Regione che autorizzava il progetto, «i ricorrenti non ne trarrebbero alcun vantaggio». Sono le motivazioni, per certi versi sorprendenti, con cui il Consiglio di Stato mette la parola “fine” al contenzioso tra Comune e Wwf da una parte, Regione, ministero delle infrastrutture e Consorzio Venezia Nuova dall’altra.
Una sentenza che arriva dodici anni dopo i fatti, dieci dopo il ricorso presentato dal Wwf sulla illegittimità di quella decisione, già bocciato in primo grado dal Tar del Veneto nel 2008. In mezzo è passato di tutto. Una grande inchiesta penale che ha dimostrato come molti dei pareri favorevoli al Mose fossero viziati dalla corruzione, come molti si siano arricchiti con il denaro dello Stato. Quasi conclusa l’inchiesta penale, ancora in corso i processi della Corte dei Conti che chiede la restituzione di milioni di euro ai protagonisti della vicenda, adesso arriva la sentenza.
«Ricorso che va respinto», scrivono i magistrati Giuseppe Severini (presidente), Roberto Giovagnoli, Claudio Contessa, Valerio Perotti e Stefano Fantini. E condannano il Wwf al pagamento delle spese, 5 mila euro. È stata accolta dunque dopo molti anni la tesi del Consorzio Venezia Nuova, allora difeso dagli avvocati Alfredo Biagini, Angelo Clarizia e Benedetto Giovanni Carbone. Respinta quella dei legali dell’associazione ambientalista (Alessio Petretti, Angelo Pozzan e Alfiero Farinea) che ricordava le violazioni di legge commesse dalla Regione – nella mancata acquisizione del parere paesaggistico – e l’eccesso di potere.
«Non può ritenersi», scrivono i giudici amministrativi di secondo grado, «che l’associazione appellante potrebbe conseguire una effettiva utilità dall’eventuale annullamento della sola delibera della Commissione di Salvaguardia del 31 luglio 2007, perché un tale annullamento non determinerebbe comunque lo spostamento della contestata localizzazione». Non basta, perché secondo i giudici il Wwf non ha nemmeno titolarità per ricorrere e non ha formulato in modo esplicito la richiesta di risarcimento danni ambientali». Sentenza che farà discutere, anche per l’inedita tempistica. Nove anni di ritardo per chiudere una vicenda che nel frattempo ha mutato contesto. Ed è stata ampiamente trattata nelle aule dei Tribunali. L’episodio sollevato dal Wwf era stato contestato anche dal Comune, allora guidato da Massimo Cacciari, che all’epoca aveva ingaggiato un braccio di ferro proprio sull’utilità del Mose, proponendo alternative poi scartate. Esprimendo parere contrario alla decisione dalla Regione del ministero di cementare la spiaggia di Santa Maria del Mare per installarci i l cantiere dei cassoni del Mose.
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