«Ha infangato la Marina» Ex militare condannato

Caorle. Alessandro Castelluzzo verserà seimila euro al Ministero dei Trasporti per i danni d’immagine: chiedeva soldi per l’iter delle pratiche in Capitaneria
Tantucci Interpress Venezia, 20.03.2008.- Rialto, Palazzo Cà Merlenghi, sede della Corte die Conti.-
Tantucci Interpress Venezia, 20.03.2008.- Rialto, Palazzo Cà Merlenghi, sede della Corte die Conti.-

CAORLE. Nel 2013 la Cassazione aveva messo la parola fine sul processo a carico di Alessandro Castelluzzo, all’epoca dei fatti maresciallo e vice comandante della Capitaneria di porto di Caorle con funzione di capo ufficio diporto dell’ufficio circondariale marittimo. Il militare era stato condannato inizialmente per concussione, poi dalla Cassazione per induzione indebita a dare o promettere utilità: proprio in virtù della sua carica di pubblico ufficiale e dei poteri che deteneva, il giudice aveva accertato che Castelluzzo, classe 1963, in una trentina di occasioni tra la primavera del 2003 e l’estate del 2006, aveva costretto Bruno De Lena, titolare di un’agenzia nautica di Marghera, a versare indebitamente 100 euro per ciascuna pratica.

Alla vicenda ora si aggiunge un nuovo capitolo: stavolta la condanna a carico dell’ex maresciallo arriva dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale regionale per il Veneto. Alessandro Castelluzzo, con la sentenza depositata il 21 ottobre scorso, è stato condannato al pagamento di seimila euro, a cui vanno sommati gli interessi legali e le spese di giudizio, queste ultime quantificate in poco più di 400 euro, per danni di immagine nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti-Corpo delle Capitanerie di Porto.

I giudici della Corte dei Conti sottolineano nella sentenza che “la condotta posta in essere dal Castelluzzo ha indubbiamente leso l’immagine della Marina Militare e del Ministero in ragione dell’intrinseca gravità dei fatti, del grado rivestito dal soggetto e soprattutto della loro sistematicità e reiterazione nel tempo, tale da evidenziare una grossolana deviazione dai doveri di servizio propri di un militare”. E ancora: “Castelluccio ha abusato dell’appartenenza alla Marina Militare, mortificando continuativamente l’appartenenza all’Arma e la propria divisa a fini delittuosi e di arricchimento personale”. Da tutta la vicenda, insomma, l’opinione pubblica potrebbe essere indotta a pensare, dicono i giudici, che “i pubblici funzionari siano avvezzi ad abusare della propria veste istituzionale per ottenere indebiti vantaggi”.

La difesa di Castelluzzo ha sostenuto la tesi della difficile situazione economica del loro assistito, destituito dall’incarico e privo di reddito, e del brillante curriculum militare fino ad allora, con encomi e note di servizio eccellenti. Ma ciò non è bastato ad evitare la condanna per aver fatto perdere la Marina di credibilità e prestigio.

Rubina Bon

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