Guida il camion con un infarto e muore

Ceggia. Pasquale Savino, 50 anni, ha viaggiato da Forlì a Portogruaro. Lascia la moglie e due figlie

CEGGIA. «Consegno il camion a destinazione e torno». Sono state le ultime parole di Pasquale Savino, autotrasportatore residente a Ceggia che nella prima mattinata di ieri è morto a 50 anni davanti alla moglie, dopo aver riconsegnato il camion rimorchio in ditta evitando di abbandonare il mezzo a 300 chilometri da casa.

Pasquale Savino, autotrasportatore con dieci anni di viaggi, era il secondo di undici fratelli originari di Bari. La moglie Geni Manzato ancora non può credere che un fatale arresto cardiaco le abbia strappato sotto gli occhi l’uomo che amava tanto e che ha tentato di proteggere fino all’ultimo. «Pasquale era fatto così, se prometteva che avrebbe fatto una cosa poi manteneva la parola», racconta la moglie in lacrime, «per scelta non lasciava mai nulla a metà. Da luglio aveva accettato la possibilità offerta dalla ditta di San Donà di fare il turno notturno a bordo del camion per avere più tempo per stare con le sue figlie di 8 e 14 anni a cui era legatissimo e per le quali avrebbe fatto qualsiasi cosa. Aveva così più tempo durante il giorno per la famiglia a cui teneva tanto, anche se ogni sera della settimana doveva partire alle 19 da Portogruaro per caricare a Forlì e tornare indietro di prima mattina a scaricare di nuovo in riva al Lemene. Un turno che sarebbe duro per tutti ma che lui era felice di aver scelto».

«Lunedì sera era partito come sempre da casa e ci eravamo sentiti fino alle 22 quando ancora percorreva la Romea e stava bene», rammenta «poi mi ha richiamato alle 5 del mattino per raccontarmi che si era sentito molto male dalla mezzanotte per un dolore al petto che gli aveva provocato una strana pesantezza alle braccia. Nonostante l’abbia pregato di farsi ricoverare subito dove si trovava ha voluto tornare a Portogruaro a lasciare il camion per arrivare a casa a Ceggia sulle 6.15 del mattino. Ha fatto appena in tempo a lavarsi il viso con l’acqua fresca e sedersi sul divano mentre io chiamavo il 118».

I sanitari del pronto soccorso di San Donà hanno tentato il tutto per tutto per salvarlo, ma non c’è stato nulla da fare. Savino è spirato mentre lo portavano all’ospedale. Da ieri la salma, dopo la donazione delle cornee, si trova nella cella mortuaria del nosocomio in attesa dell’autopsia ordinata dal pm per accertare la causa del decesso.

Francesco Macaluso
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia