Greendiesel, a Marghera si fa il carburante più pulito del mondo
MARGHERA. Quella dell’Eni di Porto Marghera, attiva da ben 90 anni, era destinata ad essere la prima raffineria italiana a chiudere per ridurre l’eccessivo numero di impianti esistenti e la conseguente sovrapproduzione di combustibili raffinati in un mercato che dal 2008 in poi ha registrato un calo del 20% dei consumi di idrocarburi fossili.
Da quando Eni ha però avviato la produzione di biodiesel a Venezia e la ricerca di sempre nuovi prodotti, meno inquinanti e più efficienti, proprio la raffineria veneziana - inaugurata nel lontano 1926 sul waterfront lagunare a ridosso del ponte della Libertà - è diventata la prima ed unica al mondo a produrre un biodiesel ancora più “verde”, ovvero con una componente di olio vegetale (da addizionare al gasolio) del 15% che va ben oltre la percentuale del 5,7 % prevista dalle leggi italiane e dell’obbiettivo del 10 % da raggiungere in tutta Europa entro il 2020. Dal 18 gennaio di quest’anno, infatti, Eni ha messo a dispoisizione il suo nuovo prodotto “Diesel+” in oltre 3.500 stazioni di servizio sul territorio nazionale, allo stesso prezzo del biodiesel Premium in vendita da tempo, ma con prestazioni ambientali, energetiche e di sicurezza elevate.
«A Venezia», ha spiegato ieri il direttore della raffineria Michele Viglianisi, «Eni ha realizzato, a partire dal 2013, il primo esempio al mondo di conversione di una raffineria petrolifera in una modernissima bioraffineria, impiegando una tecnologia innovativa che abbiamo brevettato. In tutto stiamo investendo 180 milioni di euro, dei quali 70 milioni per la prima fase di implementazione del nuovo biodiesel e il resto nella seconda fase, pronta a funzionare non appena avremo le autorizzazioni ambientali che abbiamo richiesto già da due anni, che prevede il montaggio di un nuovo impianto che abbiamo già in deposito che ci permetterà di raffinare qui l’olio di palma con la nostra tecnologia ecofining».
«Questo progetto già in itinere e gli investimenti realizzati e previsti», ha aggiunto il direttore Viglianisi rispondendo indirettamente alle preoccupazione dei sindacati che per oggi hanno indetto uno sciopero nazionale per le vicende legate alle società controllate da Eni, Versalis e Saipem, «garantiscono l’occupazione e il futuro della raffineria veneziana».
Alla conferenza stampa tenutasi ieri in via dei Petroli, oltre al direttore Viglianisi e al vicepresidente della divisione commerciale, Paolo Grossi, c’era anche Giacomo Rispoli, vice presidente dell'area Ricerca sviluppo tecnologico e progetti di Eni che lavora da anni nei laboratori di San Donato Milanese, dove si studia e sperimenta il futuro dei biocarbuanti. «Eni» ha spiegato l’ingegnere Rispoli, «è la prima azienda a lanciare il greendiesel composto per il 15% da una miscela speciale che, attraverso l’utilizzo dell’idrogeno come catalizzatore idrorepellente, rende possibile l’utilizzo degli oli di palma e di colza, riducendo del 5% le emissioni di Co2, abbattere di 2 decibel la rumorosità dei motori e aumentare le prestazioni dei veicoli. Le nostre ricerche, comunque, continuano e tra qualche anno potremmo produrre bio olio da microalghe, ovverso biomasse di terza generazione molto interessanti perché non intervengono nel ciclo della filiera alimentare. Il progetto è in fase avanzata nella raffineria di Gela, in Sicilia, dove produrremo presto anche il greendiesel da noi brevettato. Inoltre stiamo sperimentando sulle navi e i sottomarini della Marina Militare italiana una miscela composta al 50% di biodiesel e nel corso dell’anno lo utilizzeremo per un’esercitazione congiunta con la Us Navy, come prevede l’accordo siglato qui a Venezia due anni fa».
Paolo Grossi ha confermato che «il nuovo Eni Diesel + costa 1,3 euro al litro e ci aspettiamo una grossa attenzione dagli automobilisti che sono attenti all’ambiente e alle prestazioni delle loro vetture. Il nuovo carburante è più potente, migliora la combustione all’interno del motore e quindi riduce l’emissione delle sostanze inquinanti in atmosfera. Inoltre ha un minore impatto ambientale perché ha una concentrazione più bassa di zolfo. Il carburante tradizionale tende ad assorbire umidità e crea così la proliferazione di formazioni batteriche nei motori, cosa che non accade con il nostro biodiesel».
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