Grasso, no all’archiviazione si continua con le indagini
MESTRE. Per l’ex grande capo della Confcooperative di Mestre non è finita. Nei giorni scorsi, infatti, il giudice veneziano Massimo Vicinanza ha respinto la richiesta di archiviazione da parte della Procura delle accuse nei confronti di Angelo Grasso e ha disposto che il pubblico ministero Roberto Terzo prosegua le indagini.
Grasso è stato presidente della Confcooperative fino al 2013 ed era anche presidente del Consorzio di iniziativa e promozione dell'edilizia (Coipes), in pratica l'immobiliare delle coop, e della Service Coop. Deve rispondere di appropriazione indebita e truffa, un vero scandalo all'interno del mondo delle coop; è difeso dagli avvocati Gaio Tesser e Francesco Diroma. I fatti contestati sarebbero accaduti tra il 2007 e il 2013. L'appropriazione indebita riguarda il passaggio di 80 mila euro dalla Confcooperative alla Coipes da cui Grasso riceveva il lauto stipendio (300 mila euro all'anno), mentre gli altri incarichi non erano retribuiti.
La truffa invece riguarda il rimborso di numerosi viaggi e pernottamenti, in particolare a Bruxelles. Soltanto per un anno, il 2012, si sarebbe fatto rimborsare 35 mila euro. Il pm Terzo, che aveva ricevuto in eredità il fascicolo da un collega, aveva chiesto l'archiviazione delle accuse, ma il giudice Barbara Lancieri, non convinta della richiesta, aveva fissato l'udienza che poi si è tenuta con il giudice Vicinanza. Si sono presentate anche le parti offese, la Confcooperative in particolare, con l'avvocato Gaetano Corsaro, il quale ha presentato una memoria che prelude alla costituzione di parte civile nel caso il magistrato valuti che vi siano elementi per mandare sotto processo Grasso.
Stando alle accuse, per quanto riguarda l'appropriazione indebita, l'indagato avrebbe compiuto un'operazione poco chiara a favore della Coipes. Confcooperative aveva ricevuto un pagamento di 80 mila euro, frutto di uno studio fatto per altri, una parte del quale doveva essere consegnato al professionista che lo aveva materialmente eseguito. La cifra, invece, era stata girata a Roma e presentata come un pagamento da parte della Coipes. I difensori di Grasso invece sostengono che quell'operazione era giustificata e soprattutto era stata compiuta nell'interesse dell'ente: «È certo», hanno sostenuto, «che il nostro cliente non si è messo in tasca un euro». Ora le indagini devono essere approfondite.
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