«Gpl, disastro in caso di incidente»

Chioggia. Le simulazioni dell’architetto De Simone sulla base di studi del governo degli Stati Uniti
Di Elisabetta B. Anzoletti

CHIOGGIA. «Il sindaco potrebbe fermare l’impianto gpl sfruttando la convenzione di Aarhus».

Lo sostiene l’architetto veneziano Fernando De Simone, specializzato in trasporti, tunnel, costruzioni sotterranee e ingegneria sismica, che solleva anche nuove ipotesi di rischio in caso l’impianto fosse oggetto di sabotaggi o attacchi terroristici. La convenzione, firmata a Aarhus in Danimarca nel 1998, e ratificata in Italia con la legge 108 del 16 marzo 2001, dispone una nuova disciplina in materia di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale. «Un impianto a soli 300 metri dalle case», sostiene De Simone, «è in palese contrasto con quanto dispone la convenzione tanto più se pensiamo che i residenti più volte hanno lamentato di non essere stati coinvolti nel processo decisionale e di aver saputo dell’impianto solo a cantiere avviato. A mio parere il sindaco Alessandro Ferro, facendo leva sulla legge 108, potrebbe chiedere la sospensione dei lavori».

De Simone sta seguendo il caso di Chioggia da vicino e ha anche elaborato una simulazione della zona a rischio in caso di incidenti. «A Viareggio il carro ferroviario conteneva 50 metri cubi di gas», spiega l’architetto, «cosa succederebbe in Val da Rio dove i serbatoi sono tre da 3.000 metri cubi ciascuno? Il raggio minimo distruttivo in caso di incendio sarebbe di 250 metri». Ma De Simone va anche oltre, pensando alle conseguenze nel caso di sabotaggi o di attacchi terroristici, avvalendosi di alcuni studi statunitensi. Nel 2005 il Governo americano ha commissionato al Sandia National laboratory uno studio sui potenziali rischi per incidenti di natura dolosa sulle navi gasiere e sui terminali. «Il rapporto», svela l’architetto veneziano, «stabiliva che i “terroristi potevano agevolmente forare un serbatoio, determinando perdite innescando un incendio in grado di provocare ingenti danni e incenerire edifici nel raggio di 500 metri”. Chi si trovasse a oltre un chilometro rischierebbe di riportare ustioni di secondo grado. Se un serbatoio venisse colpito da un missile il liquido nell’uscita si convertirebbe subito in gas e si incendierebbe. Il calore a sua volta innescherebbe a cascata l’incendio degli altri serbatoi».

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