Gnl, Malcontenta chiede garanzie

A confronto la comunità e i vertici della società Venice Lng che investirà 100 milioni per il deposito
Foto Agenzia Candussi/ Scattolin/ Malcontenta, centro civico Canevon/ Assemblea pubblica sul deposito di stoccaggio di gas naturale liquido
Foto Agenzia Candussi/ Scattolin/ Malcontenta, centro civico Canevon/ Assemblea pubblica sul deposito di stoccaggio di gas naturale liquido

MARGHERA. Accade di raro che una società interessata a realizzare un progetto industriale su Porto Marghera decida di confrontarsi, con trasparenza, con la comunità. Anche se questo non equivale certo a ricevere un lasciapassare. Il confronto è andato in scena ieri sera al Canevon di Malcontenta, e due chilometri da dove - se l’iter delle autorizzazioni si concluderà senza intoppi come pare - sorgerà il primo deposito di Gnl di Porto Marghera, un serbatoio di gas naturale liquefatto con una capacità di stoccaggio di 32 mila metri cubi. Da un lato i vertici della Venice Lng (Decal e San Marco Gas) con il presidente Gian Luigi Triboldi e l’ingegnere Giovanni Norbedo, insieme al presidente della Municipalità di Marghera, che ha fatto da padrone di casa. Dall’altro i residenti di Malcontenta e Marghera, preoccupati soprattutto dai rischi che potrebbero esserci in termini di sicurezza. Il loro - stando a quanto emerso ieri sera - non è un no, pur non essendo ancora un sì. Norbedo ha cercato, in una lunga presentazione, di spiegare le garanzie di un progetto da 100 milioni di investimento pensato per attrezzarsi per il futuro: il Gnl infatti, metano liquefatto a meno 160 gradi, sarà uno dei combustibili del futuro, più economico e meno costoso, sia per i camion che per le navi. Ma che garanzie ci sono sul deposito dello stoccaggio dal punto della sicurezza? Norbedo ha provato a spiegarlo, rassicurando sulla tenuta del serbatoio (acciaio, isolante e cemento armato), e i bassissimi rischi che possa esserci un incendio. Comprensibile che un primo incontro non sia sufficiente a rassicurare i volti dubbiosi di chi per decenni ha vissuto e convissuto con il Petrolochimico e i rischi della zona industriale di Marghera. Anche perché è debole pure la leva dell’occupazione, visto che per la gestione dell’impianto basteranno meno di dieci persone, e al baratto tra posti di lavoro e sicurezza non si presta più nessuno. «Siamo qui proprio per confrontarci», ha spiegato Triboldi, «oggi ma anche in futuro». Nel frattempo qualche certezza c’è: l’iter delle autorizzazioni al ministero e in regione dovrebbe completarsi entro la fine del 2018 e, necessari 2 anni di lavoro, il deposito potrebbe essere pronto per il 2020. Nel frattempo i cittadini non stanno a guardare, come ha spiegato Roberto Trevisan, dell’Assemblea permanente contro il rischio chimico di Marghera: «Stiamo preparano una serie di osservazioni che presenteremo al ministero dell’Ambiente entro la data del 20 aprile, come richiesto. Osservazioni tecniche che, a nostro avviso, serviranno a rendere più sicuro il progetto». Un intervento che, dal punto di vista dell’impatto ambientale, non preoccupa troppo Franco Rigosi, di Medicina Democratica, che però ha sollevato alcune perplessità sul fronte della sicurezza, per ciò che riguarda i rilevatori per eventuali fughe di gas, e il rischio idraulico. Ci saranno altre occasioni di confronto, intanto la Municipalità, come ha anticipato Bettin, martedì prossimo formalizzerà un documento nel parlamentino locale.

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