Gli studi d’artista sotto tutela ma non il Dall’Era

Il Ministero dei Beni Culturali «salva» dalla dispersione - - con l’imposizione del vincolo - lo studio d’artista dello scultore veneziano Francesco Scarpabolla, ma non può fare altrettanto per il Laboratorio di Marmi Artistici Dall’Era a Santa Fosca, per l’opposizione vittoriosa al Tar e al Consiglio di Stato dei nuovi proprietari degli spazi a Santa Fosca. che potranno così purtroppo definitivamente sfrattare la storica fucina creata alla fine dell’Ottocento dal professor Romeo Dall’Era e ora portata avanto da Alberto e Giovanni Comelato.
Per la prima volta a Venezia, su iniziativa della Direzione Regionale dei Beni Culturali del Veneto, è stata infatti applicata la norma che consente di vincolare - garantendone l’integrità - gli studi d’artista, con tutto ciò che essi contengono. Il primo risultato concreto è stato infatti ottenuto con l’apposizione del vincolo dei Beni Culturali allo studio dello scultore Francesco Scarpabolla - nato nel 1902 e scomparso nel 1999 - anch’esso a Santa Fosca. Che resterà così in permanenza inalterato, con solo con i suoi disegni e le sue sculture, ma anche con gli arredi, le fotografie e gli attrezzi da lavoro dell’artista. Lo studio di Scarpabolla potrà anche essere venduto, ma chi dovesse comprarlo dovrebbe comunque lasciarlo, esattamente così com’è, come è stato per esempio per lo studio del pittore Giorgio Morandi a Bologna, anch’esso già sottoposto a vincolo monumentale dai Beni Culturali.
Scarpabolla, più volte presente alla Biennale, è stato uno scultore con un forte senso dell’antico pur inserendosi poi nella linea della nuova scultura italiana degli anni Trenta, sulla scia di Arturo Martini. Stop invece dai giudici amministrativi - prima al Tar e poi al Consiglio di Stato - al vincolo che era già stato posto, sempre come studio d’artista al Laboratorio di Marmi Artistici Dall’Era, in base al ricorso che era stato presentato dalla Cirio Immobiliare spa - la società già posseduta dall’imprenditore Sergio Cragnotti - che ha posto da tempo il laboratorio sotto sfratto. Ma il vincolo che avrebbe garantito la conservazione del laboratorio - che fu il primo creato a Venezia per la lavorazione artistica della pietra, intervenendo tra l’altro a Palazzo Ducale e sul pavimento della Basilica della Salute - è stato appunto rimosso dai giudici amministrativi.
La ragione è che il laboratorio Dall’Era attuale non sarebbe quello originale del suo fondatore, situato a Palazzo Minotto e dunque non è possibile vincolarlo con i suoi arredi e il suo contenuto, anche se in parte appartengono al capostipite. Un pezzo di storia artistica e artigiana di Venezia rischia così di scomparire, anche perché il Comune sembra in grado di fare molto poco per intervenire. Lo ha detto anche l’assessore ai Lavori Pubblici Alessandro Maggioni rispondendo a un’interpellanza sul Laboratorio di marmi che era stata presentata dal consigliere comunale della Federazione della Sinistra Sebastiano Bonzio.
Maggioni spiega che alcuni spazi di proprietà dell’Agenzia del Demanio individuati «non risultavano adeguati alle esigenze del Laboratorio per ragioni connesse all'eccessiva onerosità del canone e per il fatto che gli spazi non risultavano sufficentemente ampi» e che «l'ipotesi di collocazione dell'attività presso gli incubatori d'impresa non risulta al momento praticabile in quanto non ci sono spazi disponibili presso l'incubatore Cnomv».
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