Gli scontri alla Stazione, la Digos: «Caccia istigava il corteo»

Parla l’ex capo della Digos al processo contro 29 esponenti dei centri sociali «L’ordine era quello di non farli avvicinare al grande palco della Lega»
Militanti antilega e forze dell'ordine si affrontano oggi pomeriggio, 17 settembre 2011 ai piedi del ponte degli Scalzi a Venezia, nei pressi della stazione ferroviaria. ANSA/ANDREA MEROLA
Militanti antilega e forze dell'ordine si affrontano oggi pomeriggio, 17 settembre 2011 ai piedi del ponte degli Scalzi a Venezia, nei pressi della stazione ferroviaria. ANSA/ANDREA MEROLA

VENEZIA. È tornato a Venezia, ora è responsabile della Digos di Roma, per testimoniare nel processo contro i 29 esponenti dei centri sociali, tra cui c’è anche l’ex consigliere comunale Beppe Caccia, accusati a vario titolo di resistenza, violenza aggravata e interruzione di pubblico servizio per gli scontri davanti alla stazione ferroviaria del 17 settembre 2011. Diego Parente, allora, era a capo della Digos e ai giudici del Tribunale di Venezia ha spiegato che cosa era accaduto in quel pomeriggio. Immediatamente dopo, anche in consiglio comunale, era stata aspramente criticata la gestione dell’ordine pubblico: arrivare o raggiungere la stazione ferroviaria per almeno tre ore di un sabato estivo era stato impossibile per centinaia di turisti e veneziani; i pontili Actv erano rimasti chiusi per più di due ore e alla fine - a causa dell'occupazione dei binari da parte dei manifestanti, che non hanno trovato alcun ostacolo da parte delle forze dell'ordine, anche i treni avevano subito ritardi per più di un'ora.

Tutto questo per non far sfilare il corteo lungo Strada Nuova fino a campo San Bartolomio, come alla fine avevano chiesto con la mediazione del sindaco. Un campo piuttosto lontano da San Marco e da Riva degli Schiavoni. Da Roma, l’ordine era stato perentorio: i manifestanti non dovevano assolutamente raggiungere e neppure avvicinarsi al palco già montato per la manifestazione del giorno successivo della Lega Nord. Il rischio era che lo avrebbero potuto gravemente danneggiare: l’ordine proveniva dal ministro degli Interni, che allora era il leghista Roberto Maroni.

Una decina tra poliziotti e carabinieri erano rimasti leggermente feriti per impedire che il corteo lasciasse il piazzale della Stazione: l’unico vero ferito, con ricovero opedaliero, era stato Caccia. Aveva raccontato di aver preso una manganellata in testa ed era stato portato in Pronto soccorso con l’idroambulanza; aveva anche presentato denuncia, allegando alcune foto con quattro poliziotti irriconoscibili a causa del casco che mollavano fendenti con i loro manganelli. Ma Parente ha spiegato in aula che gli inquirenti non sono riusciti a ricostruire da chi provenisse il colpo che aveva ferito Caccia, se fosse partito dallo schieramento della Polizia o per errore da quello dei manifestanti.

L’ex capo della Digos, invece, ha ribadito che sia Caccia, sia Tommaso Cacciari sia Michele Valentini avevano istigato i manifestanti con diversi interventi al megafono a sfondare lo schieramento delle forze dell’ordine per iniziare il corteo in Strada nuova. Caccia, invece, ha più volte spiegato che il suo intervento, si era messo tra i due schieramenti, c’era stato per calmare gli animi, perché la situazione non si aggravasse.

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