Gli scontri alla Stazione, la Digos: «Caccia istigava il corteo»
VENEZIA. È tornato a Venezia, ora è responsabile della Digos di Roma, per testimoniare nel processo contro i 29 esponenti dei centri sociali, tra cui c’è anche l’ex consigliere comunale Beppe Caccia, accusati a vario titolo di resistenza, violenza aggravata e interruzione di pubblico servizio per gli scontri davanti alla stazione ferroviaria del 17 settembre 2011. Diego Parente, allora, era a capo della Digos e ai giudici del Tribunale di Venezia ha spiegato che cosa era accaduto in quel pomeriggio. Immediatamente dopo, anche in consiglio comunale, era stata aspramente criticata la gestione dell’ordine pubblico: arrivare o raggiungere la stazione ferroviaria per almeno tre ore di un sabato estivo era stato impossibile per centinaia di turisti e veneziani; i pontili Actv erano rimasti chiusi per più di due ore e alla fine - a causa dell'occupazione dei binari da parte dei manifestanti, che non hanno trovato alcun ostacolo da parte delle forze dell'ordine, anche i treni avevano subito ritardi per più di un'ora.
Tutto questo per non far sfilare il corteo lungo Strada Nuova fino a campo San Bartolomio, come alla fine avevano chiesto con la mediazione del sindaco. Un campo piuttosto lontano da San Marco e da Riva degli Schiavoni. Da Roma, l’ordine era stato perentorio: i manifestanti non dovevano assolutamente raggiungere e neppure avvicinarsi al palco già montato per la manifestazione del giorno successivo della Lega Nord. Il rischio era che lo avrebbero potuto gravemente danneggiare: l’ordine proveniva dal ministro degli Interni, che allora era il leghista Roberto Maroni.
Una decina tra poliziotti e carabinieri erano rimasti leggermente feriti per impedire che il corteo lasciasse il piazzale della Stazione: l’unico vero ferito, con ricovero opedaliero, era stato Caccia. Aveva raccontato di aver preso una manganellata in testa ed era stato portato in Pronto soccorso con l’idroambulanza; aveva anche presentato denuncia, allegando alcune foto con quattro poliziotti irriconoscibili a causa del casco che mollavano fendenti con i loro manganelli. Ma Parente ha spiegato in aula che gli inquirenti non sono riusciti a ricostruire da chi provenisse il colpo che aveva ferito Caccia, se fosse partito dallo schieramento della Polizia o per errore da quello dei manifestanti.
L’ex capo della Digos, invece, ha ribadito che sia Caccia, sia Tommaso Cacciari sia Michele Valentini avevano istigato i manifestanti con diversi interventi al megafono a sfondare lo schieramento delle forze dell’ordine per iniziare il corteo in Strada nuova. Caccia, invece, ha più volte spiegato che il suo intervento, si era messo tra i due schieramenti, c’era stato per calmare gli animi, perché la situazione non si aggravasse.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia