Gli occhi delle ecomafie sono puntati su Porto Marghera

di Mitia Chiarin
MARGHERA. «Quello dell’Osservatorio Ambiente legalità è un lavoro che va avanti da un anno, senza darsi arie, ma con un continuo confronto con magistrati, studiosi, esperti, enti che mira ad evitare che un tema delicato come quello dell’ambiente e della gestione dei rifiuti produca, se nelle mani sbagliate, inquinamento e un guasto economico e politico».
Occhi puntati su Marghera. Per questo, spiega l’assessore all’Ambiente del Comune di Venezia Gianfranco Bettin, occorre tenere Porto Marghera lontana dagli interessi delle ecomafie. Il traffico dei rifiuti è una delle voci del business della criminalità organizzata. E il rapporto della Dia del 2011 lo dice chiaro: «La mafia si è infiltrata oltre che nel Veneto Orientale e a Venezia, anche a Porto Marghera, nel traffico dei rifiuti». Dati e riflessioni sul fenomeno nel Veneziano sono contenuti nel primo dossier dell’Osservatorio coordinato da Gianni Belloni e la docente Iuav Laura Fregolent, con la collaborazione di Legambiente Veneto e Comune di Venezia. «Venezia è l’unica amministrazione del Nord Italia che ha deciso di dotarsi di una struttura di questo tipo», segnala il presidente dell’associazione Luigi Lazzaro.
I dati. Il traffico di rifiuti illegale nel Veneto è un business da 149 milioni di euro mentre il business criminale, nel suo complesso, arriva ai due miliardi di euro l’anno. Il dato è stato stimato dal centro ricerche sulla criminalità delle università Cattolica di Milano e di Trento. La nostra regione è al primo posto nella classifica delle “ecomafie”in Italia, segnala il dossier e il 44 per cento delle organizzazioni criminali coinvolte sono locali. Ci sono gli interessi di Cosa nostra, ’ndrangheta e Camorra ma la ecomafia parla pure veneto.
Le trasformazioni. Rispetto a 10 anni fa le cose sono cambiate. Per tenere testa alle tante indagini di forze dell’ordine e magistratura, i criminali si tengono al passo coi tempi. Falsificazione di documenti, dati, fatture, codici e non solo. C’è il sospetto, sempre più frequente, che i proventi di queste attività illecite siano reinvestiti in aziende del settore apparentemente sane, con l’acquisizione di pacchetti azionari.
Le direzioni dei traffici. E le direzioni dei traffici cambiano. I rifiuti illegali dal Veneto, dice il rapporto presentato ieri nel Municipio di Mestre, non prendono più la strada della Campania ma restano nel Nord Italia. I rifiuti veneziani oggi arrivano nelle vicine Lombardia e Emilia. Lo si evince dai dati 2011 sui rifiuti trattati dalle imprese che lavorano più di 500 tonnellate l’anno. Il risultato sono quasi 267 mila tonnellate di rifiuti pericolosi e 53 mila tonnellate di rifiuti pericolosi inviati in Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia che hanno ricevuto rispettivamente 95 mila tonnellate, 78 mila e 54 mila. La Campania è scomparsa.
Il caso della Cina. All’estero i rifiuti italiani si trovano in Austria, Germania, Slovenia, Ungheria, Pakistan. Poca cosa, le 600 tonnellate della Cina.
Un dato che stupisce visto che il paese è diventato uno dei maggiori importatori di rifiuti, in particolare di materiale plastico, prodotti in Italia. Dato confermato dall’analisi dei flussi al Porto di Venezia, grazie alla collaborazione della Dogana. Il 55, 53% dei rifiuti in esportazione dal Porto veneziano, tra 2010 e 2012, sono diretti in Cina. E la fetta più grande dei sequestri operati al Porto, per varie irregolarità, interessa questo paese. Una delle ultime indagini è la “Serenissima” che ha scoperto una organizzazione criminale che inviava, con un giro di documenti falsi, in Cina rifiuti tossici prodotti in Italia.
Non abbassare la guardia. I controlli ci sono nell’area veneziana ma non si può assolutamente abbassare la guardia. Trecento solo nel 2010 le situazioni sospette nel mirino delle indagini. E altri dati invitano a riflettere.
Incendi sospetti. Dal 2007 al 2011, per quattro anni, si è verificato un solo incendio l’anno in aziende veneziane di trattamento dei rifiuti. Tra 2012 e inizio del 2013 se ne sono contati già sei, fa notare Gianni Belloni. Cinque i casi nel corso del 2012, un altro ad inizio dell’anno. «Con cautela rileviamo un aumento dei casi ma ci guardiamo bene dall’imputare tutti questi incendi a cause di matrice criminale. Segnaliamo il dato come riflessione. Esperienze come il tavolo tecnico provinciale rappresentano una esperienza di importante intelligence a cui ci è stato permesso di partecipare», sottolineano dall’Osservatorio Ambiente e Legalità di Venezia.
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