Gli islamici al sindaco «Abbiamo il diritto di pregare, parliamo»

I portavoce della comunità musulmana: «Abbiamo bisogno di un luogo in cui riunirci. Chiederemo ancora via Sernaglia» 
Immagine d'archivio della moschea del Padiglione Islandese della Biennale
Immagine d'archivio della moschea del Padiglione Islandese della Biennale

MESTRE. Centri culturali islamici ne nascono così come vengono chiusi perché non in regola. La risoluzione del problema, per Kamrul, va al di là delle norme urbanistiche violate, e passa dalla presa di coscienza che si tratta di una situazione che va gestita perché non generi tensioni. Che si tratti di via Mestrina, via Fogazzaro o Altobello. 

MESTRE (VE) GIARDINI DAVANTI AL CENTRO CIVICO IN VIA SERNAGLIA. 10/06/2010 © LIGHTIMAGE MESTRE GIARDINI VIA SERNAGLIA DI FRONTE CENTRO CIVICO
MESTRE (VE) GIARDINI DAVANTI AL CENTRO CIVICO IN VIA SERNAGLIA. 10/06/2010 © LIGHTIMAGE MESTRE GIARDINI VIA SERNAGLIA DI FRONTE CENTRO CIVICO

«I bengalesi nel Comune sono tra i 7 e gli 8 mila», spiega Syed, «abbiamo bisogno di un luogo dove possiamo riunirci, ma è difficile da trovare, perché in centro non ci sono simili strutture. Dove andare? Siamo lavoratori, paghiamo le tasse, affolliamo le fabbriche di Marghera, non siamo di passaggio e non torneremo nei nostri Paesi». Spiega con la pacatezza che lo caratterizza ma senza giri di parole: «È anche un problema del primo cittadino, se non ci tendono una mano continueranno a nascere gruppi ovunque; se invece c’è trasparenza, c’è anche più ordine e sicurezza».

Foto Agenzia Candussi/ Artico/ Mestre, via Fogazzaro/ Centro Islamico Bengalese - nella foto: Kamrul Syed, portavoce della comunità bengalese
Foto Agenzia Candussi/ Artico/ Mestre, via Fogazzaro/ Centro Islamico Bengalese - nella foto: Kamrul Syed, portavoce della comunità bengalese


Impellente, la questione Ramadan. Il count down è iniziato, manca un mese allo scoccare della campanella. La comunità che faceva riferimento alla sala di via Fogazzaro, dopo la chiusura dell’anno passato è ancora senza sede. «Abbiamo trovato un immobile in via Ca’ Marcello ma servono parecchi soldi, stiamo facendo una colletta ma abbiamo bisogno di una banca che ci finanzi, nel frattempo affittiamo uno spazio al Papaplip il venerdì, ma adesso non basterà più». Kamrul chiederà il centro civico di via Sernaglia, ci riproverà anche quest’anno. «Se ci chiudono tutte le porte, come facciamo?».

Sulla stessa lunghezza d’onda Mohamed Amin Al Ahdab, presidente onorario della comunità islamica di Venezia e Provincia che fa capo alla moschea di via Monzani: «Abbiamo sempre teso le mani alle istituzioni, ma riteniamo che sia compito di un’amministrazione trovare uno spazio adatto a una massa di persone che vive nel territorio e che da sola non ce la può fare per via di una serie di problemi, tra cui norme, leggi, burocrazia.

Mohamed Amin al Ahdab
Mohamed Amin al Ahdab

È una situazione che si ripete e genera incomprensioni, fino a che il Comune non scenderà in campo dimostrando con i fatti la volontà di risolverla, non andremo da nessuna parte. Tocca a chi guida la politica della città trovare soluzioni in scala con l’aiuto della comunità: non pretendiamo soldi o regali, ma di esercitare il nostro diritto garantito dalla Costituzione per vivere da cittadini a tutti gli effetti: quello che chiediamo è collaborazione e ascolto». Anche la comunità di via Monzani ha acquistato un nuovo luogo di culto, ma i tempi per vederlo aperto si allungano.

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