Gli avvocati: «Una sentenza equilibrata»

I legali dei familiari della vittima: la vera paura dei figli è di ritrovarselo prima o poi davanti
Interpress/Mazzega Venezia, 16.01.2016.- Omicidio Nelly Pagnussat.- Nella foto l'arresto di Riccardo Torta
Interpress/Mazzega Venezia, 16.01.2016.- Omicidio Nelly Pagnussat.- Nella foto l'arresto di Riccardo Torta

Cosa si può provare quando l’assassino della propria madre viene condannato a 20 anni tra carcere e struttura psichiatrica? «I figli di Nelly erano sereni e tranquilli. Sapevano che nel contesto processuale, tenuto conto del rito abbreviato e della semi infermità, la condanna poteva oscillare tra i 15 e i 20 anni. Sono concordi nel fatto che è stata una sentenza equilibrata», spiega l’avvocato Mauro Ferruzzi, che con il collega Renato Alberini ha rappresentato due dei tre figli della donna massacrata (la terza figlia, ancora sconvolta dal fatto, non se l’è sentita di costituirsi nel procedimento) nel processo a Ricky Torta. «Ma la vera paura dei figli è di ritrovarselo prima o poi davanti», spiega Ferruzzi.

Di «sentenza equilibrata» parlano all’unisono sia i difensori di Torta che i legali delle parti civili. «Al di là dell’efferatezza del delitto, era difficile prescindere dalle valutazioni della storia clinica di quest’uomo. Ha avuto il suo peso una vita difficile costellata di ricoveri», chiarisce l’avvocato Alberini, «la parte civile non ha avuto sete di vendetta, non ha chiesto pene esemplari non rispondenti al caso specifico. Volevamo una pena adeguata all’efferatezza e alla persona».

«La famiglia della vittima ha molto apprezzato l’attenzione e l’accuratezza delle indagini, oltre che la velocità con cui si è arrivati alla condanna. La Procura ha fatto un lavoro esaustivo, privo di lacune, all’insegna della rapidità e della qualità, che non sono scontate. E anche l’incidente probatorio è stato uno scrupolo per non lasciare buchi neri», aggiunge l’avvocato Alberini riportando un pensiero dei figli di Nelly Pagnussat.

Resta il nodo del perché Ricky Torta abbia voluto uccidere la sua vicina di casa, pianificando il delitto in ogni sua parte. «Si tratta di un reato incomprensibile, non si capisce il movente. Non lo hanno saputo chiarire nemmeno i periti», dicono i legali. «La famiglia rifiutava di pensare che fosse stato il frutto di un raptus».

Nella perizia psichiatrica su Torta, il medico ha parlato di «deserto affettivo» dell’uomo. Nelly era una delle poche persone che avevano rapporti con Ricky, che era in cura al Centro di salute mentale dell’Usl.

«Verificheremo eventuali responsabilità: siamo perplessi infatti su come l’azienda sanitaria abbia gestito il paziente. A nostro avviso ci sono delle incongruenze, la documentazione acquisita dall’Usl è abbastanza confusa. Ora che per la vicenda penale si è arrivati alla condanna in primo grado, ci riserviamo di valutare questo filone». (r.b.)

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