«Giusto tenere chiuso, non riduciamo l’uomo al lato economico»

Il Patriarcato contrario all’apertura nei giorno festivi. Don Pistolato: «Primo maggio conquistato con il sangue»
Il patriarca Francesco Moraglia con don Dino PIstolato
Il patriarca Francesco Moraglia con don Dino PIstolato

MESTRE. «Ma il primo maggio non dovrebbe essere la festa del lavoro?». Il vicario episcopale don Dino Pistolato commentando la notizia dei centri commerciali che rimarranno aperti per le festività, va diritto al cuore del problema senza tanti giri di parole. La posizione del Patriarca Francesco Moraglia in merito al lavoro festivo e domenicale è chiara. «Quand’ero ragazzino mi ricordavo che si faceva festa per un motivo specifico», spiega, «perché oggi la rincorsa a tenere aperte a tutti i costi queste piazze mediatiche o come le vogliamo chiamare, quali sono quelle dei centri commerciali? Luoghi che non aiutano ad incontrarsi e socializzare ma a spendere, se ci sono, i soldi. Il primo maggio è festa dal lavoro e del lavoro, ed è giusto che qualcuno tenga chiuso, fa bene chi lo fa. Il Patriarca l’ha detto a Pasqua e l’ha ribadito anche in un recente dibattito sull’ecologia della vita». Precisa: «Ricordo che la dottrina sociale della chiesa nasce con Papa Leone XIII, il quale aveva detto tre cose, tre pilastri fondamentali: tutela delle donne, tutela dei bambini dal lavoro e giornata di riposo settimanale come tutela della dignità della persona». Aggiunge don Pistolato: «Abbiamo perso la misura dell’uomo. È una festa, quella del primo maggio, che è stata pagata con il sangue, c’è gente che è stata massacrata a fucilate, ecco perché è il giorno di riposo del lavoro e dal lavoro».

I diritti dei lavoratori non possono essere cancellati con un colpo di spugna. «Guardiamo a Gesù realmente risorto e a partire da lui consideriamo, in modo radicalmente nuovo, l’uomo e la società», ha scritto il patriarca nella lettera di Pasqua ai fedeli della Diocesi, «in questa logica entra la domenica come giorno del Signore e giorno dell’uomo ma se continueremo progressivamente a smarrire il senso religioso, antropologico e sociale della domenica semplicemente perderemo l’uomo, “ridotto” ormai alla sola dimensione economica».

L'imprenditore Roberto Aggio, don Enrico Torta e Tiziana D'Andrea
L'imprenditore Roberto Aggio, don Enrico Torta e Tiziana D'Andrea

Da quando la deregulation del commercio ha livellato tutti i giorni della settimana e dei mesi, in prima linea nel Patriarcato a difesa del riposo festivo è don Enrico Torta, il sacerdote di Dese, al quale il “sempre aperto” non va proprio giù. Mercoledì scorso don Torta, l’imprenditore Roberto Aggio e la leader delle commesse trevigiane Tiziana D’Andrea sono stati ricevuti dal patriarca Moraglia proprio per parlare del problema del lavoro festivo e domenicale. «Noi abbiamo le armi spuntate», spiega D’Andrea, «per questo confidiamo nella Chiesa e abbiamo chiesto aiuto al Patriarca».

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