«Giusto farsi da parte, largo ai giovani»

CHIOGGIA. «Pare quasi che io e mia moglie stiamo divorziando, ma non è assolutamente così. E questo equivoco mi dà molto fastidio». È arrabbiato Gianni Scarpa, il gestore di Playa Punta Canna. La notizia del suo licenziamento, ad opera della Summertime srl, la società proprietaria dello stabilimento balneare alla foce del Brenta, tra i cui soci figura anche la moglie, lo ha fatto innervosire e, alla richiesta di maggiori chiarimenti, risponde con aria battagliera: la stessa che, da giovane, aveva per allontanare dalla sua spiaggia «i tossici, senza fare intervenire le forze dell’ordine».
Ma, alla fine, com’è questa storia del licenziamento?
«Nel settore balneare i contratti sono a termine e durano sei mesi, da aprile a settembre. Il 30 settembre il contratto è scaduto, come tutti gli anni. Punto»
I soci della società non la vogliono più.
«Con i soci della Summertime ne avevamo parlato fin da quest’estate, quando i media mi avevano messo in croce per una presunta apologia di fascismo. Tutti mi chiamavano per chiedermi per cosa e per come. Tutti si stupivano che quei cartelli fossero rimasti lì per tre anni e che chi di dovere non se ne fosse accorto. Ma c’erano da dieci anni e non davano fastidio a nessuno. Però la spiaggia è demaniale, dello Stato, di tutti».
Alla fine qualcuno che si è lamentato c’è stato.
«È vero. Ma Punta Canna è diversa dalle altre spiagge. Per arrivarci si passa su un terreno che era dei miei nonni e ora è mio. E qui faccio passare chi voglio io. Non sopporto i prepotenti, gli incivili e i maleducati, li ho sempre allontanati. Ma se mi dite i neri che vengono a vendere, invece, quelli li ho sempre accolti. Sono dei poveracci, sfruttati da altri più forti di loro. Di solito sono gentili e non disturbano i clienti, io regalo loro qualcosa di fresco da bere e li lascio passare. I giornalisti che mi hanno criticato - compreso quello di Repubblica - li avevo invitati a mangiare il pesce qui da me, che vedessero cosa facevo».
Torniamo all’apologia del fascismo.
«Un’accusa esagerata. Ma ho capito che poteva disturbare i miei soci e, per questo, avevo, già all’epoca, ipotizzato di ritirarmi. E poi c’è anche un’altra ragione. Da anni lavoro con tre ragazzi: uno si occupa degli ingressi, un altro del chiosco e un terzo della spiaggia. I primi due sono cresciuti professionalmente e camminano con le loro gambe. Il terzo è rimasto, “schiacciato” dalla mia presenza, forse un po’ ingombrante e credo che se ne gioverà se mi faccio da parte. Per me tutti e tre sono come dei figli e non voglio essere di ostacolo».
E cosa farà dopo Punta Canna?
«Ho già ricevuto diverse offerte. E molto ben pagate. Tre a Sottomarina. Vede quanto sono apprezzato? Con due di questi ho già parlato, ma non me la sento di lavorare qui. Farei concorrenza ai miei ex datori di lavoro e non mi pare giusto. Ho ricevuto due offerte anche dalla Romagna dove ho già lavorato, anni fa, a bordo di una motonave, portando in giro i turisti. Mi piace la Romagna, la gente è allegra e cortese. Ma, per ora, non ho deciso nulla. Ci penserò a gennaio o febbraio. Come ho già detto, potrei ritirarmi del tutto. Ormai ho 65 anni, non ho l’età per divorziare (ride, ndr) e qualche guaio fisico, la paresi al viso che mi è rimasta dopo un incidente automobilistico e che mi fa parlare con un po’di fatica».
Cosa le ha lasciato questa vicenda?
«Rabbia, amarezza e delusione, ma anche l’orgoglio di essere me stesso. Ora, però, vorrei stare un po’ tranquillo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia