Giudizio immediato per Chen

Vigonovo. Il cinese tentò di bruciare la moglie svuotandole addosso un barattolo di mastice
Di Giorgio Cecchetti

VIGONOVO. Il giudice veneziano Andrea Comez ha disposto il giudizio immediato, senza la necessità dell’udienza preliminare, del cittadino cinese 47enne Dejin Chen che deve rispondere del tentato omicidio della moglie aggravato dai motivi futili e dall’aver agito con crudeltà. Il magistrato ha fissato l’udienza davanti al Tribunale per il prossimo 7 maggio, ma i suoi difensori, gli avvocati Augusto Palese e Giacomo Gamba, hanno quindici giorni di tempo per decidere e soprattutto avviare trattative con il pubblico ministero Alessia Tavarnesi, che ha coordinato le indagini e chiesto il giudizio immediato. Il tentativo potrebbe essere quello di risarcire la donna e chiedere un «patteggiamento allargato» sotto i cinque anni di pena o, comunque, di farsi giudicare dal giudice dell’udienza preliminare con il rito abbreviato, in modo da ottenere comunque lo sconto di un terzo sulla pena finale.

Era stato arrestato il 27 ottobre scorso a Firenze, dopo una settimana di latitanza: i carabinieri lo avevano bloccato poco prima che riuscisse a salire su un aereo diretto in Cina. Il 20 ottobre aveva cercato di uccidere la moglie, una connazionale di 35 anni con cui viveva a Vigonovo, dopo una lite, le svuota addosso un barattolo di mastice altamente infiammabile e le dà fuoco, sfigurandola e provocandole lesioni per le quali è stata ricoverata in prognosi riservata al reparto grandi ustionati dell'ospedale di Padova. Per giorni l'uomo era stato cercato in tutta la provincia, e in particolare nell'area del Piovese. L'arresto era avvenuto alla periferia di Firenze, con un blitz che aveva impegnato una cinquantina di carabinieri, al termine di una sola settimana di indagini e intercettazioni che avevano permesso di risolvere l'indagine. All’inizio sembrava davvero un’inchiesta complessa: quando i militari erano arrivati alla casa-tomaificio di via Padova 108, a Vigonovo, si erano trovati di fronte a un caso che sembrava impossibile: l'aggressore, dall'identità ancora sconosciuta, era scappato a piedi, lasciando solo un cellulare, la donna non poteva parlare e la comunità cinese si era chiusa a riccio. Ma i carabinieri sono poi riusciti a raccogliere elementi utili per identificare l'uomo e ipotizzare dove potesse trovare sostegno: in Toscana, in particolare a Firenze, dove, si scoprirà poi, abitava una sorella. Grazie alle intercettazioni telefoniche, i carabinieri ascoltano Xu Suizhang, 39 anni, residente a Montecosaro (Macerata) al telefono con la moglie, in Cina. Il marito le spiega di aver bisogno, subito, di soldi, per aiutare un amico cui deve un favore che deve scappare dall'Italia perché ricercato dopo aver tentato di uccidere la moglie. In una successiva telefonata - di difficile traduzione - l'uomo parla anche con la sorella di Chen, titolare di un laboratorio di borse a Campi Bisenzio, a due passi da Firenze. Xu Suizhang diventa l'uomo chiave dell'inchiesta. I carabinieri lo tengono sotto controllo, lo pedinano e ascoltano le sue telefonate. È lui che li porta da Chen.

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