«Gas naturale liquefatto: troppi rischi»

L’allerta dell’esperto. De Simone: «Pericolo di incidente in un raggio fino a 5 chilometri, meglio una condotta sotterranea»
Di Gianni Favarato

Il terminal di stoccaggio di gas naturale liquefatto (gnl) scaricato da navi gasiere con capacità fino a 65 mila metri cubi, progettato a Porto Marghera, lungo il canale industriale Sud, è ancora nella fase di progettazione esecutiva. Ma già si sollevano da più parti perplessità e più di qualche seria preoccupazioni visto che si tratterebbe di un ennesimo impianto “a rischio di incidente rilevante”.

«Utilizzando il modello di rischio del Sandia Report realizzato per il governo degli Stati Uniti d’America» spiega l’architetto Fernando De Simone, consulente esperto nella realizzazione di infrastrutture sotterranee che da vent’anni lavora per un gruppo di progettazione norvegese «se da una nave metaniera con capacità di 140.000 metri cubi fuoriesce circa il 10% di gnl e si incendia, si svilupperebbe un’area di fuoco che fino a circa 1.900 metri di raggio (che arriverebbe a 5 chilometri nel caso di una nave gasiera con un carico doppio) avrebbe un impatto ustionante grave per gli esseri umani e produrrebbe un disastroso effetto domino sui depositi chimici esistenti a Porto Marghera».

Nel 1984, in un sobborgo di Città del Messico a San Juanico, la fuoriuscita in un deposito di gas di petrolio liquefatto da uno o due serbatoi sferici da 1.600 metri cubi, seguita da incendi ed esplosioni anche dei serbatoi cilindrici, causò la morte di circa 500 persone e 7000 feriti nelle abitazioni dell’area limitrofa. Il giornalista Piero Angela nel suo libro “Il gas freddissimo”, sostiene che «a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, il gnl raffettato a -160 gradi inizierebbe a ribollire, evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell'aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l'aria. Una miscela gassosa, invisibile e inodore, investirebbe una città, qualsiasi (inevitabile) e una sola scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube».

L’architetto De Simone conosce bene l’argomento: è stato infatti consulente della Provincia di Rovigo e ha seguito la progettazione e la realizzazione di una piattaforma di rigassificazione e un terminal gasiero che si doveva costruire sul Delta del Po, ma poi, visti i rischi, è stato realizzato a 15 chilometri al largo di Porto Viro e collegato alla terraferma da un tunnel sotterraneo che arriva fino al centro di distribuzione di Ferrara. Anche per la laguna di Venezia, De Simone suggerisce di realizzare il terminal gasiero nella piattaforma off-shore al largo di Malamocco progettata durante la presidenza del Porto di Paolo Costa ma ora caduta in disgrazia; oppure nelle banchine mini off-shore – proposte di recente dal nuovo presidente, Pino Musolino e condivisa dal sindaco Luigi Brugnaro – ricavata all’interno della lunata di Malamocco, già esistente.

Il mini-off shore verrebbe realizzato sulla scogliera (la lunata) di circa un chilometro – costruita dal Consorzio Venezia Nuova a protezione delle paratoie del Mose e della conca di navigazione – da adibire a ormeggio di grandi navi commerciali. «L’off-shore o il mini off-shore» suggerisce De Simone «potrebbero ospitare anche un terminal gasiero collegato con una condotta sotterranea sotto la laguna che arriva fino alla terraferma per poi allacciarlo alla rete nazionale di distribuzione. In questo modo operazioni ad alto rischio che coinvolgono il gnl verrebbero realizzate in mare aperto e in grande sicurezza, lontano da centri abitati e nel nostro caso dalla laguna e da Venezia che, invece, con un terminal gasiero a Porto Marghera rischiano, in caso di incidente, di essere investite dalla nube di gas che una qualsiasi scintilla trasformerebbe in una palla di fuoco. Infine, non si graverebbe con navi gasiere il traffico già intenso di navi in laguna».

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