Galan: «Vocazione alla sconfitta, sono stati cogl...»
PADOVA. Giancarlo Galan, dica qualunque cosa eccetto: io l’avevo detto...
«Sono affranto, non sorpreso: siamo riusciti nell’incredibile impresa di perdere a Treviso»
Affranto? Quando smetterà di dire le bugie?
«Riuscire a perdere a Treviso è come fare zero al totocalcio, mica una roba facile. Si può dire coglioni? Lo dico: sono stati dei co-glioni»
Lei cosa avrebbe fatto?
«C’era un industriale di calibro che si è messo a disposizione della città, quando mai capiterà più? Avrei fatto fare un passo indietro ai partiti e appoggiato Zanetti. Senza ombra di dubbio».
Di chi la responsabilità politica?
«Di coloro i quali si ostinano a non capire che è cambiato il mondo, che la gente è definitivamente stanca di questi partiti. Di chi in queste ore a Treviso sta facendo di conto per capire che se si fa ancora un consigliere regionale»
Il genio di Montebelluna Remo Sernagiotto?
«Non vedo geni».
Qualche colpa l’avranno pure i dirigenti del Pdl, o no?
«Perché, ci sono ancora dirigenti nel Pdl? Fatemi i nomi, vi prego, che li strangolo. Qui abbiamo solo dei geni della disfatta. Regaliamo le candidatura di Vicenza e di Treviso alla Lega, rinunciamo persino a combattere: avverto semplicemente il cupio dissolvi del centrodestra, una vocazione alla sconfitta senza eguali. A Treviso noi avremo mobilitato sì e no 15 mila persone. Ma si può?».
Ha perso Zaia o Tosi?
«Quando Gobbo, dirigente di peso e sindaco uscente, prende 77 voti nella sua città, è evidente che è tutto finito. E’ finita un’epoca, bisogna ripensare tutto».
Sarà mica tutta colpa di Gentilini?
«No, povero: non è colpa sua, mi sta pure simpatico, ma ha fatto il suo tempo, se avesse vinto avrebbe finito il mandato a novant’anni. Ma senza di lui avrebbero preso ancora meno voti. Se proprio i partiti dovevano mettere un loro uomo allora era meglio Sacconi».
Subito un rimpasto in Regione con l’assessorato alla sanità al Pdl?
«Mi rifiuto di dirlo: quando l’ho detto mi hanno dato del matto».
E di pensarlo?
«Ovvio che lo penso».
E adesso?
«Vorrei si tornasse a parlare, nel Veneto, del nostro progetto politico, non di careghe. Vorrei ritrovare in un quaratenne lo spirito del 1994: un giovane che abbia cuore, coraggio, passione. Perché questo serve alla politica, soprattutto oggi: parlare ai cuori delle persone, trasmettere una speranza, un’idea di società. Altrimento meglio coltivare patate, no?»
Serve carisma che, si sa, è come il coraggio di don Abbondio. Fine della politica?
«Di questa politica, sì»
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