Furti di petrolio e minacce alla Petroven, dieci arresti in Veneto

Operazione della Digos di Venezia contro un gruppo di italiani che minacciava i vertici dell’azienda e rubava migliaia di tonnellate di petrolio

VENEZIA. La Digos di Venezia, con il coordinamento della Dcpp/Ucigos, ha eseguito nelle prime ore di oggi 10 ordinanze di custodia cautelare e 20 decreti di perquisizione domiciliare in diverse città del Veneto, a carico di un gruppo di italiani che oltre ad aver minacciato i vertici dell’Eni aveva organizzato e perfezionato un meccanismo sistematico di asportazione di migliaia di tonnellate di prodotto petrolifero da un deposito costiero dello stesso gruppo.

L’indagine è nata dall’invio, nel 2011, di lettere incendiarie e minatorie ai vertici aziendali della PetrovenSpa e dell’Eni. L’organizzazione si sarebbe inoltre resa responsabile di un brutale pestaggio e una rapina ai danni di un autotrasportatore sospettato di essersi confidato con l’azienda e agli inquirenti.

Oltre ai 10 destinatari di misure cautelari, sono altre 14 le persone deferite in stato di libertà. Le aziende vittime di furti sono la Petroven srl, Eni, Esso e Api. A renderlo noto la stessa Polizia, che ha ricostruito oggi le varie fasi dell’indagine, dall’intervento degli artificieri, che hanno "fermato" alcune lettere inviate ai vertici dell’azienda, consistenti in tre plichi contenenti polvere pirica che all’atto dell’apertura avrebbero azionato un meccanismo di innesco a sfregamento.   

Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di appurare che il presidente e il direttore di Petroven erano già stati vittime in passato di alcune missive minatorie, a seguito delle quali erano stati inseriti nell’elenco degli obiettivi sensibili da tutelare. Le indagini, poi, hanno portato alla luce un sistema collaudato di trafugamento di prodotti petroliferi: grazie alla grandezza del deposito, che movimenta circa 3,5 milioni di tonnellate annue di carburante e a una "tolleranza" dello 0,5% per eventuali evaporazioni o perdite, per i dipendenti infedeli e per gli autotrasportatori coinvolti è stato possibile muoversi senza dare troppo nell’occhio. I criminali, pur di raggiungere i loro scopi, si sono avvalsi della forza intimidatrice, da un lato con ripetute minacce di morte nei confronti dei vertici aziendali nel momento in cui questi avevano deciso di potenziare le misure di sicurezza a tutela del patrimonio, dall’altro nei confronti di alcuni autotrasportatori che avrebbero cercato di rivelare le dinamiche dell’illecito traffico.

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