Furbetti allo Iuav, sospesi due professori

Un altro docente rischia lo stesso provvedimento: avrebbero optato per il “tempo pieno” ma continuato a lavorare in proprio

VENEZIA. Un docente e un ricercatore dell’Iuav sospesi per un mese (dal primo al 30 aprile) dall’attività didattica e con lo stipendio bloccato e un terzo professore, tutti farebbero riferimento all’area di Progettazione, in attesa di analogo provvedimento, dopo ulteriori approfondimenti. Un provvedimento disciplinare già adottato dal Consiglio di amministrazione dell’ateneo guidato dal professor Alberto Ferlenga, dopo un’istruttoria condotta dal Collegio di Disciplina costituito ad hoc per esaminare le contestazioni e ascoltare le ragioni dei docenti.

Il motivo della sospensione sarebbe per tutti e tre sostanzialmente lo stesso: aver optato per il regime universitario del tempo pieno anziché quello determinato e poi aver accettato incarichi professionali e direzione di lavori che sarebbe di fatto incompatibili con il loro «status» e per i quali non sarebbero state chieste le necessarie autorizzazioni all’università.

«In realtà» spiega il professor Ferlenga, «la reale colpevolezza dei docenti non sarebbe stata ancora accertata, perché è ancora in corso il procedimento avviato dalla Corte dei Conti, dopo i rilievi compiuti dalla Guardia di Finanza. Ma è stata la stessa Corte dei Conti a chiederci di attuare preventivamente, solo a noi, dei provvedimenti disciplinari, per evitare possibili prescrizioni e noi abbiamo adottato quello minimo. Ma l’indagine avviata è a livello nazionale e riguarda molte altre università anche in maniera molto più pesante della nostra».

Ad esempio sarebbero già una ventina per quanto riguarda l’università di Padova le segnalazioni relative ad altrettanti docenti dell’ateneo, sospettati di «doppio lavoro» che sono state trasmesse dal Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie alla Procura della Corte dei Conti del Veneto. L’indagine è estesa appunto a tutto il territorio nazionale e punta a verificare se i professori universitari con incarico a tempo pieno abbiano rispettato le regole su consulenze e incarichi professionali esterni con partita Iva. Al centro dell’inchiesta soprattutto docenti delle facoltà tecnico-scientifiche come medici, ingeneri, geologi, chimici, architetti che svolgono anche prestazioni a partita Iva. Le dinamiche che regolano le prestazioni dei docenti che lavorano anche come privati sono stati regolati dalla legge Gelmini del 2010.

«Se dovessero essere alla fine giudicati colpevoli» spiega ancora il professor Ferlenga, «i docenti dovrebbero restituire all’università tutti i compensi guadagnati con la loro attività professionale e poi starebbe all’ateneo decidere altre eventuali sanzioni. Ma ci muoviamo su un terreno incerto, perché non tutte le università adottano gli stessi criteri rispetto a possibili incarichi professionali dei docenti e siamo ancora in attesa dei principi generali che dovrebbe fissare l’Autorità Anticorruzione. Quello che deve essere ancora valutato è se questi docenti, che non hanno chiesto l’autorizzazione per i loro incarichi, fossero tenuti a farlo oppure no. Intanto hanno già presentato ricorso».

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