Fumettista per caso: le “porte girevoli” di Giorgio Cavazzano

«In vaporetto incontrai casualmente la futura moglie di Romano Scarpa, lo conobbi e divenni suo collaboratore»
LAMANTEA MIRANO: GIORGIO CAVAZZANO NOSTO FUMETTISTA MIRANESE DI FAMA MONDIALE 13/07/2007 © LIGHTIMAGE
LAMANTEA MIRANO: GIORGIO CAVAZZANO NOSTO FUMETTISTA MIRANESE DI FAMA MONDIALE 13/07/2007 © LIGHTIMAGE

MIRANO. Alzi la mano chi almeno una volta non ha letto un fumetto di Walt Disney. Chi non si è mai appassionato alle avventure di Topolino e Pippo, oppure ha fantasticato di essere a Paperopoli per incontrare Zio Paperone, Paperino, i nipotini Qui, Quo e Qua. Ebbene, spesso si legge e ci s’immedesima nella storia senza guardare chi l’abbia scritta e disegnata. Eppure in quelle pagine, da più di cinquant’anni, c’è molto di Mirano, perché i fumetti hanno tra i papà Giorgio Cavazzano, veneziano di Cannaregio, classe 1947 ma dal 1975 residente proprio in riva al Muson Vecchio.

Descrivere in due parole la carriera di uno dei più grandi fumettisti italiani è impossibile, così come i premi ricevuti, ultimo dei quali il Paul Harris Fellow, il massimo riconoscimento rotariano ricevuto dalla sezione di Noale. «Quella sera (8 marzo 2018 ndr)», rivela Cavazzano, «mi sono sentito bene, ho avvertito dei raggi affettuosi, mi facevano bene al cuore. In quel momento mi sono sentito un po’ tutti i personaggi di Walt Disney». Beh, lui davvero può dire di conoscerli come se fossero suoi figli; dalla redazione centrale gli arrivano le sceneggiature, che dovrà tradurre in disegno. Ovviamente non solo immaginando la scena ma anche renderla viva, inserendoci la fantasia, elementi essenziali per far viaggiare le mente del lettore. «Paperone è un mecenate, il suo vero motore trainante è Paperino», li descrive Cavazzano, «ma se non ci fosse Archimede non ci sarebbero nuove avventure. Gastone è il classico antipatico, gli va sempre bene tutto ma è utile alle storie. Topolino, invece, vive in una metropoli, potrebbe essere Atlantic City, dove esiste un distretto di polizia. È un personaggio amabile, supportato da Pippo; è un onesto, corretto, amico per davvero, un filosofo con la testa al posto dei piedi. A chi assomiglio? Penso a Paperino e Paperoga». Personaggi positivi, affascinanti ma ci sono anche i cattivi, come Macchianera, Pietro Gambadilegno, i Bassotti. E proprio i Bassotti, la banda che si vuole impadronire del tesoro di Paperone, devono a Cavazzano il loro covo-roulotte. «Fu una mia idea», racconta, «e prese ispirazione da un signore che per tanto tempo parcheggiò la roulotte fuori dal mio garage. Anche per Gambadilegno mi rifeci a una vecchia stazione di servizio abbandonata».

Cavazzano deve tanto della carriera alla bravura e al talento, ma anche a quel pizzico di fortuna che nella vita non guasta. Come quel film del 1998 di Peter Howitt, Sliding Doors con Gwyneth Paltrow, dove un episodio o un altro possono far cambiare il destino delle cose. «Ebbi il primo contatto con Topolino nel 1961 con i disegni di un altro veneziano, Romano Scarpa», rivela, «e, dopo averlo cercato per tutto il centro storico, solo grazie a un incontro casuale in vaporetto con la sua futura moglie riuscii ad avvicinarlo. Da lì partì tutto. Cercava un collaboratore, il suo era andato via da poco. Ai tempi si faticava ad arrivare a fine mese: mio padre lavorava in due posti e avevo terminato le scuole medie. Vista la passione, mi fece provare un anno. La mia prima storia per la Disney fu pubblicata il 13 agosto 1967 dal titolo “Paperino e il singhiozzo a martello”. Posso dire che la mia scuola è stata la vita: leggo molto, m’informo quando devo disegnare una sceneggiatura, amo il cinema, il teatro, il balletto, il golf. Nel 2007 ricevetti una telefonata; dall’altra parte della cornetta c’era monsignor Paolo Donadelli, al tempo arciprete a Jesolo: era lui che lasciò il posto da aiutante di Scarpa perché ebbe la vocazione da prete». Sliding Doors, appunto.

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