Frode da 150 milioni sgominata la banda
Frodi fiscali cucite su misura per imprenditori che intendono evadere il fisco. Da tre anni ex imprenditori della Riviera del Brenta avevano aperto un ufficio apposito a Padova: fornivano la frode chiavi in mano e studiata in base al prodotto che l’azienda, che si rivolgeva a loro, trattava. In tre anni la frode è stata di 150 milioni in fatture false, 40 i milioni di danno all’Erario. Ieri la Guardia di Finanza di Mirano, coordinata dalla Procura di Padova, dopo indagini durate un anno e mezzo, ha smantellato l’organizzazione arrestando 17 persone e sequestrando beni per 35 milioni, tra cui due ville in Riviera del Brenta, un’imbarcazione di lusso, una valle da caccia e pesca in laguna e solo ieri, durante le perquisizioni, un milione in contanti.
Il meccanismo della frode, pur essendo complicato, non è la prima volta che viene scoperto come sistema di evasione. L’imprenditore-cliente dello studio aperto a Padova in via Savelli affidava all’associazione i beni che aveva acquistato in nero e che aveva in magazzino. A quel punto entrava in gioco la prima società cartiera che formalmente, attraverso l’emissione di fatture false, diventava la fornitrice degli stessi prodotti venduti ad un’altra società cartiera aperta all’estero. Quindi questa li vendeva in nero. Da questo momento, da un punto di vista della contabilità, il magazzino dell’imprenditore era stato pulito e il “nero” sparito. Dai conti correnti esteri intestati alle società fittizie (dagli stessi indagati definite “società pattumiera”), alcuni “spalloni” provvedevano a far rientrare in Italia, rigorosamente in contanti, sia gli importi da consegnare al cliente sia la provvigione di spettanza dell’organizzazione, pari al 10 per cento dell’imposta sul valore aggiunto evasa. Le aziende clienti operavano nei più diversi campi e tutte dovevano coprire acquisti e vendite in nero di consistenti stock di merce, dal tessile all'acciaio, dal materiale plastico alla cartotecnica.
La struttura criminale sgominata in circa tre anni è riuscita a realizzare almeno 30 società fittizie per l'emissione di fatture per operazioni commerciali inesistenti e migliaia di viaggi di camion che giravano l’Europa vuoti ma con documentazione - foto e copie dei tachigrafi - da fornire in caso di controllo in azienda. La mente della struttura criminale era Salvatore Lazzarin, alias Toni, 64 anni, di Dolo. Si tratta di un’ex imprenditore che realizzava stracci e tappeti per il pavimento utilizzando gli scarti della lavorazione del cotone. Tra li beni che gli hanno sequestrato una villa in Riviera e una valle da pesca. Suo importante collaboratore era Massimo Carraro, 52 anni, di Padova: era lui a organizzare i trasporti sia veri che fittizi della merce. Entrambi sono finiti in carcere. Delle venti misure cautelari richieste dalla Procura di Padova e ottenute del gip ne sono state eseguite 17: tre destinatari si trovano all’estero. Nove persone sono finite dietro le sbarre, le altre otto ai domiciliari.
In questa fase dell’inchiesta sono stati sequestrati in via cautelare beni per 35 milioni, tra cui immobili - due le ville venete - una barca d'altura, conti correnti in paesi dell'Est Europa, otto società attive nei settori di trasporto, immobiliare e commercio di plastica, a loro volta proprietarie di 81 unità immobiliari, tra cui valle Contarina nella laguna sud di Venezia, adibita a pesca, caccia ed acquacoltura di oltre 350 ettari. Oltre agli arresti sono state eseguite 150 perquisizioni, in Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia. Sono 40 le persone complessivamente indagate.
Gli interrogatori di garanzia inizieranno sabato e dureranno diversi giorni.
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