Fratelli morti da mesi il pm dispone altri esami

Mira. L’autopsia non basta, servono analisi sui tessuti per capire cos’è successo Non ancora concesso il nulla osta per i funerali di Emanuele e Mauro Gallina

MIRA. Non c’è ancora una causa di morte ufficiale - che non siano gli stenti e la miseria nel quale vivevano da anni - a spiegare il decesso dei fratelli Emanuele e Mauro Gallina, 41 e 43 anni, trovati l’uno accanto all’altro per terra nell’appartamento dove abitavano in via Borromini 10, a Mira, nel degrado e la povertà più assoluti.

Ieri, per tutto il giorno, il medico legale Antonio Porzionato ha eseguito l’autopsia sui resti dei due uomini, su incarico del pubblico ministero Stefano Ancilotto. Ma l’avanzato stato di decomposizione dei corpi rende più difficile individuare una causa di morte, dato anche il cattivo stato degli organi. Qualche risposta potrà arrivare tra qualche giorno dai risultati degli esami di laboratorio sui tessuti, alla ricerca di sostanze tossiche o farmaci che possano spiegare il doppio decesso: in Procura, il pm Ancilotto attende a ore una prima risposta che escluda del tutto qualsiasi ipotesi violenza, prima di dare il via libera alla sepoltura, anche se la Tac eseguita giovedì sui due corpi ha già escluso che la morte sia da ricondurre ad aggressioni, colpi di alcun genere, ferite. Serve una dichiarazione del medico legale, comunque, per autorizzare i funerali, sempre che il Comune di Mira si faccia carico delle esequie di questi due uomini disperati, che abitavano in un appartamento dell’Ater, conosciuti come casi sociali, ma negli ultimi mesi dimenticati da tutti. Ma non dalla burocrazia dell’Ater che - verificata la morosità di Emanuele e Mauro Gallina - ha mandato una propria squadra a sigillare la porta dell’appartamento. Automatismi, senza che alcuno abbia almeno provato ad aprire la porta e si sia chiesto dove fossero finiti i due fratelli: da settimane morti sul pavimento di casa, i vestiti invernali a strati sovrapposti per cercare di scaldarsi in quell’appartamento dove luce e gas erano stati tagliati. In casa, neppure un pacco di pasta. Miseria più assoluta nel Veneto del 2015 e che neppure la crisi può giustificare. Una situazione che era andata degradando irreversibilmente dopo la morte della madre, nel 2012: con lei se ne era andata anche la sua pur minima pensione, unica fonte di sostentamento della famiglia, dopo che Emanuele aveva smesso di fare il panettiere causa la crisi e i lavori si erano fatti sempre più saltuari per i due uomini.

Tutti li conoscevano e ne conoscevano le enormi difficoltà - i servizi sociali del Comune, la Caritas alla cui mensa andavano a mangiare, i vigili urbani, gli uffici dell’Ater - ma nessuno si è accorto che non c’erano più, fino a quando l’odore si è fatto insopportabile e i vicini di casa hanno dato l’allarme. (r.d.r.)

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