Fotografia. Ecco la Venezia “invisibile” che piace a tutto il mondo. «Ma qui non trovo editori»
Gli scatti di Federico Povoleri, premiati a Tokyo, pubblicati in un libro in tedesco e inglese.
«Il mio progetto non compreso in Italia e a casa mia, un motivo di delusione e dolore»
VENEZIA. È stato recensito in Germania da alcune librerie e siti specializzati che parlano di uno sguardo «autentico dietro le quinte di Venezia». Perfino il Süddeutsche Zeitung e il popolare Daily Mail, online, scrive che quel libro e quelle foto ritraggono «Venezia come non l’hai mai vista».
E aggiunge: «Di solito chi pensa a Venezia immagina scene romantiche, non persone che combattono bufere di neve e uomini in stivali di gomma e trampolieri che bevono vino nelle acque alluvionali».
Peccato che quel libro, «Venezia città invisibile» di Federico Povoleri (regista, scrittore, fotografo per passione) in Italia non lo trovi.
O meglio, sì ma solo su Amazon. Altrimenti bisogna andare in Germania, negli Stati Uniti, prossimamente anche in Francia, Russia e Cina. Così come in realtà non lo si trova nemmeno con il suo titolo originale: troppo sottile il richiamo a Calvino per un pubblico internazionale, meglio “Venezia through a Venetian’s eye”.
Ah, già: quel libro, che racconta Venezia nella sua intimità, fatta di silenzio, stupore, fragilità raccontata attraverso la penna di un innamorato della sua città, non si trova nemmeno in italiano.
Tedesco o inglese, ci si deve accontentare. Già, perché nessuna casa editrice italiana, né tanto meno veneziana, in questi anni si è dimostrata interessata a quegli scatti. Tant’è che Povoleri, per diverso tempo, il suo progetto editoriale l’ha coltivato da solo, impaginandolo e rilegandolo. Salvo poi l’arrivo delle “Teneues”, importante casa editrice tedesca.
Dalla nascita del suo progetto sono però passati 10 anni. E lui non nasconde l’amarezza per questo disinteresse.
«Venezia è stata fotografata da tutti, ma si trova quasi esclusivamente ciò che è spettacolo o appariscenza. Penso che mancasse uno sguardo più intimo, diverso dai classici scatti patinati. Fino ad ora le recensioni che ricevo, dalla Germania soprattutto, colgono il senso di questo mio lavoro. Possibile che nessuno, qui in Italia, sia riuscito a capirne il senso? Questa cosa mi fa male, c’è da porsi delle domande. La delusione è di non essere arrivati a un editore in grado di andare oltre e di capire cosa cercavo di fare. Questo è per me motivo di tristezza. Ora la sfida sarà riuscire a presentarlo in città».
E sì che quel progetto, nato nel 2012 e proseguito negli anni, di strada ne ha fatta. Tanto che, con gli scatti drammatici dell’acqua granda del novembre 2019, Povoleri ha vinto il primo premio del Tokyo International Foto Awards.
Terzo premio internazionale, dopo i due già raggiunti a Tokyo nel 2018 e New York nel settembre 2019. Lui, Federico Povoleri, veneziano di nascita e residente alla Giudecca, è regista e scrittore di professione. Di foto, in realtà, se ne occupa solo per una passione nata da giovane. Il lavoro lo ha portato altrove. A 20 anni è sceneggiatore per Topolino, poi ottiene il diploma in tecniche e documentazione audio-video ed editing digitale alla Fenice. E sempre per il teatro veneziano inizia la sua carriera di regista. Membro dell’associazione fotografica Marco Polo, negli ultimi anni inizia ad avvicinarsi alla street photography.
Insegna sceneggiatura al liceo artistico di Venezia e dal 2003 collabora con il regista Massimo Mazzucco alla composizione della colonna sonora di diversi suoi documentari.
In “Venezia Città Invisibile” raccoglie foto nascoste e ferite aperte per la città. Come, ad esempio, gli scatti realizzati nei minuti esattamente dopo lo scoppio dell’incendio che inghiottì il Molino Stucky. Per non parlare degli scatti successivi ai 187 centimetri che devastarono Venezia nella notte del 12 novembre 2019.
Macchine fotografiche in spalla, stivali in gomma ai piedi, la mattina del 13 novembre Povoleri decise di attraversare Venezia. E di raccontare, abbinando le parole alle immagini, l’anima di una Venezia, ben distante dalle solite immagini patinate. Frammenti di una Venezia che non si vede, eppure c’è.
Basta saperla cercare: negli angoli meno battuti, negli orari più scomodi. Perché di fondo, a muovere tutto, c’è un sentimento di amore verso la città nonostante tutto e tutti.
«Amore e passione», dice, «questo provo verso la mia città. Ci sono nato, ci vivo, sono figlio di Venezia. Ed è questo che cerco di trasmettere nelle mie foto». L’hanno capito le giurie internazionali e una casa editrice tedesca. Non l’hanno capito in Italia; né nella sua città.
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