Foto osé in cambio di un lavoro, poi il ricatto: condannato per tentata violenza
VENEZIA. Aveva inviato degli scatti sexy e un video attraverso WhatsApp in cui mimava un rapporto orale a un uomo che le aveva offerto un (fantomatico) lavoro come segretaria d'azienda. Al rifiuto di lei, dopo una serie di invii, di spedire altre immagini hot, era scattata la minaccia: o ci troviamo per un rapporto orale oppure pubblico le tue foto su Facebook e le inoltro al tuo fidanzato (che pure non conosceva).
Simone Stel, 37 anni, residente a Sacile, difeso dagli avvocati Mattia Basso e Gianni Budai, è finito a processo davanti al tribunale collegiale con l'accusa di tentata violenza sessuale su una giovane residente in Riviera. Ieri Stel è stato condannato alla pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione per tentata violenza sessuale di minore gravità dal collegio presieduto dalla giudice Irene Casol, a latere Daniela Defazio e Sonia Bello, che ha confermato la richiesta di condanna formulata al termine della requisitoria dalla pubblico ministero Lucia D'Alessandro.
Disposto anche il risarcimento alla parte civile di 3.000 euro.I fatti erano avvenuti nell'autunno del 2015. La ragazza aveva messo un annuncio sul portale subito.it per cercare lavoro. A rispondere era stato Simone Stel, un uomo più grande di lei, che le aveva proposto un lavoro come segretaria d'azienda. Il 37enne aveva chiesto alla ragazza l'invio di foto attraverso la app di messaggistica WhatsApp e lei aveva spedito anche immagini a sfondo sessuale che si era scattata, senza alcuna pressione.
Dieci le immagini inviate, di cui appunto alcune nelle quali la ragazza si era immortalata le parti intime. Non solo: l'aspirante segretaria aveva anche girato un video nel quale mimava un rapporto orale con una spazzola. Gli scambi di messaggi tra i due, con invii da parte di lei e apprezzamenti da parte di lui, erano proseguiti per un certo periodo, poi si erano interrotti.
Qualche tempo dopo, Stel aveva ripreso i contatti con la ragazza dicendole che se non avesse acconsentito a un incontro per un rapporto orale, quegli scatti inviati sarebbero stati diffusi. Era quindi scattata la denuncia.Nel corso del dibattimento la difesa dell'imputato ha sostenuto che nei messaggi non fosse concretizzata la reale minaccia nei confronti della ragazza. I giudici del collegio hanno sposato la tesi della rappresentante della pubblica accusa, condannando l'imputato a 20 mesi di reclusione.
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