Forni crematori aperti anche a Santo Stefano a Mestre per il Covid: la sala del commiato diventa magazzino

La situazione nei forni di Marghera e di Spinea è ormai al limite: le bare ovunque, apertura 20 ore al giorno e i funerali accelerati  

MESTRE. L’immagine è di quelle che non vorresti mai vedere, un pugno nello stomaco. Le bare sono allineate una accanto all’altra, davanti a un pannello in vetro opaco. In attesa dell’ultimo passaggio, da corpi a cenere. Numeri, non più persone, anche se non manca la pietas in queste ultime operazioni.

Siamo nel forno crematorio di Marghera, dove una fila incessante di bare da «smaltire» entrano come in una macabra catena di montaggio. Non più nonni, genitori, fratelli, figli da piangere. Non c’è neanche il tempo della commozione, in questa estenuante lotta contro il "nemico invisibile" bisogna fare presto che arrivano sempre nuove salme.

Per questo la sala del commiato - per l'ultimo saluto e per le cerimonie funebri laiche - legata al forno crematorio è stata spogliata della sua funzione, trasformandosi in una stanza in cui contenere le bare, prima della cremazione.

Per i morti Covid non c’è un ultimo sguardo, non c’è la carezza sul mogano, freddo. È una ferita che non si riesce a elaborare, rimane aperta, un cerchio che non si chiude mai.

L’obitorio di Mestre, in questi giorni prima di Natale, è pieno. Man mano le salme vengono portate nei crematori di Marghera e di Spinea. Il forno di Spinea, che durante il lockdown aveva persino visto arrivare le vittime di Bergamo, è al limite.

Ma la situazione più critica si registra nella struttura di Marghera dove, a fronte di una capacità quotidiana di otto - nove cremazioni, ogni giorno arrivano 14, anche 15 salme. Per questo si registrano ritardi fino a cinque giorni, nonostante il forno ormai lavori 20 ore su 24, con gli operatori di Veritas impegnati dalle 5 del mattino fino a notte inoltrata nel più triste dei mestieri.

Sei giorni su sette, compresi il giorno di Santo Stefano e le domeniche. Perché il virus corre, disinteressandosi del Natale, delle feste. Delle lacrime dei parenti, degli amici. Le bare stanno lì, tra la sala del commiato e i corridoi.

Con l’aria condizionata che deve rimanere continuamente accesa. Sono state bloccate esumazioni ed estumulazioni, perché aggraverebbero un carico già insostenibile.

A Spinea la situazione è leggermente migliore. La capacità quotidiana supera la ventina di cremazioni, complice la presenza di un secondo forno. Ma anche in questa struttura i limiti sono prossimi a essere raggiunti.

Le aziende sanitarie veneziane hanno chiesto alle imprese funebri del territorio di velocizzare ogni operazione, anticipando i funerali. Non è ancora arrivata una comunicazione scritta, come settimane fa nel Padovano, ma una richiesta solo verbale.

Ma dalla vigilia di Natale al 26 dicembre nelle chiese non potranno celebrarsi le cerimonie funebri. E il peso andrà ad aggravare una situazione già al limite. Intanto i forni continuano a rimanere accesi, continuano a bruciare. Anche nel giorno di Santo Stefano. —

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