«Formiamo medici per farli emigrare»
VENEZIA. Una cornice di assoluto rilievo, quale quella del Teatro Goldoni, ha ospitato nella mattinata di ieri lo svolgimento dell’edizione 2016 della “Giornata del medico e dell’odontoiatra”.
Un momento importante, ricco di significato, con la consegna di un premio a 18 professionisti laureatisi esattamente cinquant’anni fa, nel 1966, e con il pronunciamento del giuramento di Ippocrate da parte di una settantina di nuovi dottori in medicina e odontoiatria, ora al loro ingresso nel mondo della pratica reale.
Un incontro generazionale, una stretta di mano cordiale tra passato, presente e futuro alla luce della consapevolezza che in una professione che non è mestiere ma missione e vocazione l’unità orizzontale tra coetanei così come quella verticale tra specialisti affermati e giovani motivati è un aspetto fondamentale.
Molti i rappresentanti delle istituzioni sanitarie, civiche ed ecclesiastiche, dal cerimoniere Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Venezia, che ha introdotto la giornata a Giuliano Nicolin, presidente della Commissione dell’Albo Odontoiatri della Provincia, dall’Arcidiacono della Basilica di San Marco, monsignor Antonio Meneguolo, dall’assessore alla Coesione Sociale del Comune di Venezia, Simone Venturini.
Ai diciotto laureati sono andati i saluti e la stima anche di Sandro Sanvenero, segretario Commissione Albo odontoiatri nazionale, che poi, rivolgendo il pensiero alle nuove leve pronte al giuramento di Ippocrate, ha espresso i propri complimenti insieme ad una allarmata considerazione: «In Italia purtroppo c’è una tendenza drammatica. Molti studenti si formano da noi per sei anni, con un costo per la società stimabile in circa 350 mila euro ciascuno, ma poi sono costretti ad emigrare, specializzandosi e lavorando all’estero. Questo dato è terribile perché non vi è solo la perdita di un investimento collettivo italiano, ma anche il mancato contributo di medici e odontoiatri promettenti al tessuto sociale ed economico del Paese d’origine, a livello di sostegno al sistema pensionistico e al nostro Pil»
«È un aspetto su cui è doveroso porre l’accento» ha confermato il presidente dell’Ordine, Leoni «Bloccare progressivamente il ricambio generazionale è stata una scelta incosciente della nostra classe politica nazionale. Ogni anno si laureano 10 mila bravi studenti e però, concluso il ciclo di studi, questi giovani si trovano di fronte a solo 5.000 posti disponibili per il percorso della specialità, una fase essenziale di approfondimento della branca che hanno scelto, in cui all’apprendimento continuo si accompagna il lavoro effettivo e remunerato accanto ai medici più esperti. E cosa dovrebbero fare i restanti 5 mila? Logico che vadano altrove, ma è una tendenza da invertire senza esitazione. Perché questa generazione è ben preparata, conosce già almeno una lingua straniera, ha uno spirito europeistico o comunque internazionale più accentuato di quelle precedenti e se non trova possibilità in Italia è disposta a cercarle al di fuori».
Marco Flavio Lapiccirella
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia