Follia a Torino, il racconto di Luca, di Mestre: «Calpestato dalla folla impazzita»

Luca (27 anni): «Sono riuscito a rotolare via, mi sono ferito con i cocci di vetro»
Le ferite
Le ferite

MESTRE. «Quando la mattina ho abbracciato i miei genitori mi veniva da piangere». La paura è alle spalle ma ripensando alla scorsa notte, al panico di Piazza San Carlo, Luca Lunazzi, mestrino di 27 anni consulente del lavoro alla Camera di commercio di Jesolo, dice: «Abbiamo rischiato di morire per uno sbaglio».

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Luca, in quale punto di Piazza San Carlo eravate?
«Eravamo a destra rispetto al maxi schermo, vicini al monumento di Emanuele Filiberto».
E poi che cosa è successo?
«Il Real Madrid aveva da poco segnato il gol del 3-1 quando ho sentito come una specie di forte fruscio, mi sono girato a sinistra ma non ho visto nulla e così mi sono rimesso a guardare la partita, ma pochi secondi dopo è arrivata l’onda e siamo stati travolti».


Le persone scappavano verso di voi?
«Tutte le facce erano rivolte verso di noi, io non ho fatto in tempo a muovermi che sono stato travolto, sono caduto per terra sopra un’altra persona, e quelli che scappavano hanno cominciato a camminarmi sopra».
E poi come è riuscito a liberarsi?
«Non lo so bene neppure io come sia successo: si è aperto uno spiraglio, mi sono messo a rotolare per terra e ho recuperato la scarpa persa da qualcun altro e me la sono messa, perché mentre le persone mi passavano sopra ne avevo persa una. Per terra c’era un tappeto di vetri. Il tutto sarà durato una decina di secondi ma sono bastati per perdere i contatti con tutti i miei amici».

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Nella piazza si potevano portare bottiglie di vetro?
«Ognuno poteva portate al massimo una bottiglia ma all’interno c’era chi vendeva bibite in bottiglia in vetro. Per questo molti scappando sono rimasti feriti».
Anche lei è rimasto ferito?
«Alla schiena, al ginocchio e al gomito sinistro. Finito il caos mi sono fatto medicare, ma avevano solo un po’ di fisiologica da mettermi sulla ferita. Per tamponare il sangue hanno usato il mio fazzoletto».
Dopo essersi rimesso in piedi dove è fuggito?
«Mi sono avvicinato ai portici, dove la maggior parte delle persone cercava protezione. C’erano ragazze che piangevano, in preda a crisi di nervi. E c’era chi diceva che era stato un attentato terroristico».

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Anche lei lo ha pensato?
«All’inizio, quando ho visto tutta quella gente che scappava rivolta verso di me sicuramente sì. Ma io non ho sentito esplosioni, non ho sentito nulla. E quando sono arrivato sotto i portici mi sono accorto che non c’era fumo, non c’era nulla. Non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo, anche perché dopo alcuni minuti si è sentito un nuovo boato, ma era la folla della piazza che come impazzita aveva cambiato direzione di fuga».
E lei come ha reagito?
«Sono rimasto sotto il portico, incollato al muro, per non farmi travolgere dalla persone che scappavano. Io cercavo di invitarli a stare calmi. Polizia in giro non se ne vedeva, non c’era nessuno che potesse prendere in mano la situazione».
Che idea si è fatto di quello che è accaduto?
«Che qualcuno si è fatto suggestionare da qualcosa, e la suggestione ha contagiato, a cerchio, tutti gli altri. Si parla di un petardo ma, dove ero io, vicino al monumento, non si è sentito nulla».
Come vi siete ritrovati tra amici?
«Quando la situazione si è tranquillizzata ho condiviso la mia posizione su WhatsApp, ero vicino a un’ambulanza, e un po’ alla volta ci siamo ritrovati». (f.fur.)

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