Fiorello compie 108 anni. Ecco i segreti del più longevo: «Tutta l’estate in camping»
Perfettamente lucido e in grado di lavorare, cosa cui non rinuncia. Festeggerà giovedì: è l’ottavo uomo più longevo d’Italia. «La ricetta? Non la so. Vi racconto quello che faccio». Dai campi al turismo, passando per El Alamein e la prigionia: «La mia forza? La famiglia»
SOTTOMARINA. La vita nei campi per tradizione, il mondo del turismo per passione. Fiorello Boscolo Moretto di Sottomarina, 108 candeline giovedì prossimo, aveva un sogno: avviare per figli e nipoti un’azienda turistica. E lo ha fatto, abbandonando nel 1972 i campi e creando in quegli stessi orti in via Barbarigo il camping Miramare, che a luglio ha festeggiato i 50 anni. Boscolo Moretto, il cittadino più anziano di Chioggia, il secondo del Veneto e l’ottavo uomo più longevo d’Italia, trascorre ancora le sue giornate in campeggio. Due volte al giorno va in spiaggia per fare il pieno di iodio e vitamina D.
Signor Fiorello, che sia la ricetta per una lunga vita?
«Non lo so. Di certo la vita all’aria aperta fa bene. Mangio un po’ di tutto, bevo un bicchiere di vino al giorno. Rosso o bianco, non importa, basta che sia buono. Vado in spiaggia un’oretta al mattino e un paio al pomeriggio. Mi intrattengo a chiacchierare con i clienti. Alcuni vengono al Miramare da quando abbiamo aperto. E passo tanto tempo con la famiglia. D’estate siamo in campeggio tutti insieme, d’inverno ci ritroviamo sempre a pranzo».
Il Miramare è la sua seconda casa. Com’è nata l’idea di lasciare i campi e avviare un campeggio?
«Sono figlio di ortolani, il decimo di dieci fratelli. Da quando ho memoria, ho sempre aiutato mamma e papà sui campi. E lo stesso mia moglie, Rita Tiozzo Caenazzo. Entrambi avevamo il pallino del turismo. Anche quando facevamo gli ortolani, d’estate affittavamo le stanze della nostra casa in zona Momolo».
«Ci piaceva accogliere i “foresti”. E piaceva a entrambi l’idea di avviare qualcosa nel campo del turismo. Così nel ’72, nei nostri orti, aprimmo un piccolo campeggio. Prima il parcheggio e il bar, poi le prime roulotte. Abbiamo iniziato con un camping per 400 persone, oggi ne possiamo accogliere 1.650. Nel tempo abbiamo acquistato i campi vicini e via via ci siamo ampliati e migliorati».
Una vita di soddisfazioni, ma lei ha vissuto anche la tragedia della Seconda guerra mondiale...
«Il ricordo ancora mi fa male. Era il ’42 e come bersagliere fui mandato in Africa. Partecipai alla battaglia di El Alamein. Fui catturato dagli inglesi, imprigionato, bastonato e dopo un periodo in Africa, fui portato in Inghilterra assieme a un altro giovane di Sottomarina. Lì rimanemmo tre anni».
«Ci facevano lavorare dovunque. Di giorno nei campi raccoglievamo legnetti e di sera in stanza facevamo cestini di vimini, che vendevamo per prendere quattro soldi e comprarci ogni tanto da mangiare. Non ho mai voluto imparare l’inglese, volevo solo tornare a casa. Mi aspettava mia moglie. Ci riuscii a luglio del 1946».
Come trovò la sua Sottomarina al ritorno?
«Erano tutti mezzi nudi. Era luglio, faceva caldo, al contrario dell’Inghilterra. La città aveva sofferto la guerra, ma da lì in poi ci fu la rinascita e l’avvio del turismo. Ricordo il primo stabilimento, i bagni Margherita, all’altezza dei Murazzi, dove andavamo a ballare il sabato. Il primo albergo, la Stella d’Italia, il bar in centro dove ci ritrovavamo per qualche partita a biliardo, la costruzione del lungomare e poi i primi campeggi. Il nostro fu il terzo».
Giovedì come festeggerà?
«Come ogni anno, con gli amici bersaglieri e la mia grande famiglia. Anche molti clienti si ricordano del mio compleanno: per i 100 anni abbiamo fatto una festa con una pentola gigante di vongole invitando tutti gli ospiti».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia