Fincantieri, pignorata una nave
La Fincantieri non ha sborsato un euro per la morte dell’operaio napoletano 36enne Vincenzo Castellano, deceduto sei anni dopo un incidente sul lavoro alla Fincantieri di Marghera che lo aveva costretto all’immobilità totale. Così, gli avvocati Gaio Tesser, Francesco Diroma ed Ezio Torrella, che rappresentanto la madre e i sei fratelli della vittima, hanno ottenuto un «precetto navale» e hanno pignorato ieri la «Regal Princess», la nave da crociera della compagnia di navigazione «Carnival» quasi ultimata nei cantieri della grande azienda controllata dallo Stato di Monfalcone. Il precetto è per un milione e 200 mila euro: naturalmente il valore della nave è di gran lunga superiore, ma i tre legali hanno deciso di «aggredire» un bene mobile della Fincantieri che dovrebbe essere consegnato a maggio (il varo è stato organizzato per quel mese ed è prevista la partecipazione di una rappresentante della casa reale inglese) per ottenere prima possibile i soldi che il giudice monocratico di Mestre ha stabilito come provvisionale immediatamente esecutiva nella sua sentenza del 10 ottobre dello scorso anno. Quel giorno Rocco Valeggia aveva condannato a dieci mesi di reclusione ciascuno il direttore della Fincantieri all’epoca dell’incidente Carlo De Marco, il suo vice Stefano Varrocchi, tre responsabili di altrettanti reparti, Antonio Quintano, Pierpaolo Ciccarelli e Andrea Bonaldo, l'amministratore delegato e il dirigente della Meccanonavale di Monfalcone che aveva vinto l'appalto, rispettivamente Paolo Bussi e Lodovico De Zolt, infine i due dirigenti della Mci Montaggi di Napoli, che stavano eseguendo in subappalto gli interventi e di cui Castellano era dipendente, Ciro Volpe e Carlo Crocco. Il magistrato aveva dichiarato la sospensione condizionale della pena ma, oltre ad aver disposto che la liquidazione dei danni alla famiglia venisse decisa dal giudice civile, aveva concesso una provvisionale immediatamente esecutiva molto alta: 500 mila euro a favore della madre di Castellano e 90 mila euro ciascuno ai sei fratelli, che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Tesser, Diroma e Torrella.
Castellano, il 10 maggio 2002, era caduto dentro una condotta di aerazione, coperta da un telo ignifugo, mentre stava compiendo alcune saldature: era precipitato per trenta metri, finendo contro uno dei motori della nave. Fu ritrovato dopo un’ora e mezza di ricerche dai suoi compagni di lavoro, vivo per miracolo, ma era rimasto invalido al cento per cento. Nel frattempo era stato avviato il procedimento penale per lesioni colpose gravissime e i nove imputati erano stati condannati e in quell’occasione il giudice aveva condannato Fincantieri a risarcire il danno ai parenti. Sei anni dopo, poco prima del processo di secondo grado (gli imputati avevano presentato ricorso), Castellano era morto e la Corte d’appello aveva annullato quella sentenza, invitando la Procura a riaprire il caso per aprire indagini e nuovo processo per il reato di omicidio colposo. Nel frattempo, Fincantieri aveva avviato una causa civile contro i parenti, chiedendo la restituzione del primo risarcimento.
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