Finanza a caccia di documenti sul “buco” del Lido

VENEZIA. Come è possibile che nel volgere di poche settimane si sia passati da un progetto definitivo messo a gara per 94,5 milioni- opere che si aggiundicò nell’ottobre del 2007 la Sacaim, per altro con un ribasso d’asta di quasi il 20% - a un progetto esecutivo di ben 136,9 milioni, con arredi per 20 milioni dei quali mai si era fatto accenno prima? A tanti anni di distanza è questo uno degli interrogativi ai quali la Procura della Corte dei Conti non è ancora riuscita a rispondere, nella sua indagine sul “buco” del Palazzo del Cinema, opera nata morta e che sinora è già costata una quarantina di milioni, tra scavo, progettazione, bonifiche da amianto. Un’indagine contabile per verificare se vi sia stato danno erariale e - se sì - in capo a chi le responsabilità per una simile voragine mangia-danari, dal futuro ancora assolutamente incerto. Un’inchiesta che prosegue con molte difficoltà per la mancanza di documentazione chiara e certa. Gli atti acquisiti nel maggio del 2012 nell’ufficio dell’allora commissario straordinario, infatti, sono risultati insufficienti a dare un quadro di quanto avvenuto.
Così - su incarico del procuratore aggiunto Giancarlo Di Maio -in questi giorni i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria sono a caccia di nuova documentazione: prima tappa Ca’ Farsetti, dove aveva sede il commissario straordinario e dove sono gli uffici dei Lavori pubblici, ai quali è affidata la direzione tecnica del progetto. Ma il rischio concreto è che si debba andare a cercare nei meandri di quella “Struttura di missione” creata dal governo per la gestione delle opere straordinarie del G8 e per i 150 anni dell’Unità d’Italia, prima in forze al ministero del Turismo, poi alla Presidenza del Consiglio, finita poi in parte sotto inchiesta per (altri) appalti pilotati in tutt’Italia.
Il pm contabile ha affidato alle Fiamme Gialle quattro pagine fitte di progetti, note spesa, autorizzazioni, da trovare. Atti necessari a ricostruire un quadro completo di quanto avvenuto ad un progetto che ha cambiato forme, costi, impatto più e più volte, arenandosi infine sull’assoluta mancanza di fondi che a molti pareva evidente, legata com’era non solo a finanziamenti straordinari del governo, ma anche alla complessa operazione di vendita dell’ospedale al Mare, ora al centro di un braccio di ferro giudiziario tra i privati di Est Capital-Mantovani e l’amministrazione. In questi giorni, il magistrato sta anche valutando l’attribuzione di una perizia, per venire a capo di un altro interrogativo: chi doveva accorgersi - committente o impresa - della presenza di amianto, la cui bonifica ha paralizzato il cantiere e fatto impennare i costi, fino a quei 38,5 milioni di euro spesi per niente?
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