Fiaschetteria Toscana: lo storico ristorante diventerà un fast food
VENEZIA. Qualche giorno fa hanno riunito i clienti storici per una festa d’addio. Sessant’anni di prestigiosa attività da ricordare. Chiude la Fiaschetteria toscana, uno dei ristoranti storici della città. Albino e Mariuccia Busato, insieme al figlio Stefano che li affiancava da qualche anno, hanno gettato la spugna. Il locale è stato venduto, diventerà un «Burgher». Un altro sta aprendo proprio di fronte, altri a San Giovanni Grisostomo, sulla via del turismo «mordi e fuggi». Un addio doloroso, meditato e rinviato per due anni. I costi sono diventati proibitivi, il cibo di qualità fa fatica a sopravvivere in un mercato drogato da milioni di presenze l’anno. Così la Fiaschetteria chiude. In questi giorni il cartello «ferie» ha fatto sperare gli affezionati, in gran parte veneziani, professionisti e imprenditori. Solo un rinvio, perché sono in corso trattative per la cessione dell’azienda. I cuochi se ne sono già andati, gli 11 camerieri e sommelier di esperienza si stanno cercando un altro lavoro. Facce tristi fra i gestori della storica Fiaschetteria.
Ristorante del buon ricordo, noto per i suoi piatti «lagunari» e i vini di alto bordo, scelti personalmente da Albino e dal suo sommelier, il cameriere-poeta Claudio Bortali. Che tra un assaggio e l’altro scrive raffinate poesie di ambiente veneziano. Mariuccia Busato, origini pugliesi, era nota per i suoi dolci confezionati nel laboratorio di calle del Remer. Immortalato qualche anno fa anche da un documentario della tv tedesca.
La Fiaschetteria era anche un ritrovo culturale. Busatto, tra i soci fondatori della Settemari, ospitava le riunioni nel locale. Come quelle del Comitato Nino Giuponi, nato alla morte del grande artista squerariol per assegnare ogni anno un premio alla sua memoria. Di Giuponi, anche lui socio della Settemari, Busato possiede una rara barca tradizionale, il mussin. «Toscana» il ristorante si chiamava perché proprio da Firenze erano venuti a fine Ottocento i suoi primi gestori con i piatti tipici della tradizione del centro Italia. Nel 1956 la famiglia Busatto aveva rilevato l’attività, nel 1983 l’osteria «fiaschetteria» era stata trasformata in ristorante. Diventato in breve tempo uno dei locali più blasonati della città. Un’altra vittima dell’invasione turistica, la Fiaschetteria. Un segno dei tempi, con il locale di prestigio che lascia il campo ai soliti fast-food. Un pezzo di città che sparisce. Persa la battaglia avviata in questi anni da Albino e Mariuccia per tenere alta la qualità e la tradizione veneziana. Pesce di primissima qualità, scelto ogni mattina all’alba a Rialto, verdure dell’estuario, passione e cultura trasformati in alta cucina. Un alto livello non sempre riconosciuto dalle riviste specializzate, con cui Mariuccia non aveva grande feeling. «I va sempre dai stessi...», protestava all’uscita delle guide.
Adesso l’insegna della Fiaschetteria è spenta. Nei locali del vicino fotografo sta per aprire un altro fast-food, i bar si moltiplicano, gli artigiani chiudono. Un altro brutto segnale per la Venezia che non vuole diventare Disneyland.
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