Festa di compleanno all’addio a Giovanni
MOGLIANO. Una festa di compleanno in chiesa e, fuori, la sorpresa di amici e compagni di scuola: decine di palloncini rossi lasciati volare in cielo, dopo aver cantato: «Tanti auguri a te, Giovanni».
E dall’altare la grande lezione di mamma Francesca: «Coltivate il vostro sorriso come un dono prezioso per gli altri. Ogni momento va vissuto pienamente».
Non c’è traccia di lutto nel saluto al piccolo Giovanni Mariano Rosso, stroncato sabato dal male che lo accompagnava ormai da sette anni. Le esequie nel giorno del suo decimo compleanno si trasformano, come annunciato, in una grande festa, con tutti gli invitati che lo stesso Giovanni aveva invitato.
La chiesa, quella del Cuore immacolato di Maria, a Mazzocco è gremita soprattutto di bambini. Vestiti sgargianti, qualche pacchettino regalo, un coro con chitarre e fisarmonica, canti allegri, di gioia. Unite nell’abbraccio le comunità di Mogliano e Mirano, di dov’è originaria la madre Francesca Sara Zanoni, che dall’altare, chiamata dal parroco a dare il suo messaggio di speranza, trova la forza incredibile per sorridere e di chiedere e a tutti di fare lo stesso: «Questa è la festa più grande che Giovanni potesse avere, ci teneva tanto», afferma con la voce solo a tratti rotta dalla commozione, «lui si prenderà cura di tutti quelli che gli sono stati cari. Giovanni amava le sfide e le cose impossibili. Il suo messaggio era “Sorridete e imparate a vivere” e noi lo abbiamo imparato da lui: ogni singolo sorriso è il dono più grande che possiamo dare e pensate un po’: è anche gratuito. In questi dieci anni noi ne abbiamo fatto largo uso».
A chi si avvicina a Francesca, papà Mahavira e alla piccola sorellina Sofia con un pianto straziante, Francesca risponde sorridente: «Giovanni sta bene, il dolore è solo per chi vive: la morte è stata il suo miracolo, la sua guarigione». Poi, sempre dall’altare, la forza di una mamma coraggio. Addirittura sorride.
«In questi anni gli raccontavo di averlo iscritto alla scuola degli angeli custodi e che lì avrebbe dovuto davvero studiare. Ma più di tutto mi resta il racconto che lui mi fece di un sogno avuto a tre anni. Mi disse: “Mamma, ho sognato che c’era un grande prato, pieno di bambini e solo un signore grande. Io lì stavo tanto bene e ci vorrei tornare”. Già sapeva che il suo posto non era qui. Siate felici per lui, non piangete».
«Da Giovanni impariamo che la vita è un dono che va condiviso, sia che siamo sani sia che siamo malati», ha detto nell’omelia il parroco don Giuseppe Durigon, «Gesù non ha messo sulle spalle di Giovanni il peso della sofferenza e del dolore, ma quello soave dell’amore e della gioia da diffondere».
Alla festa anche tanti amici di famiglia: «Sei cresciuto seminando voglia di vivere nonostante la malattia», affermano le amiche di mamma Francesca, «e tu ci hai mostrato che si può davvero vivere sorridendo in ogni condizione».
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