Festa della Liberazione Rabbia e polemiche
Le note della colonna sonora de “La vita è bella” di Roberto Benigni con la banda del don Bosco, poi la canzone "Bella Ciao" intonata dall'Anpi. Più partigiani che fiori alla festa di primavera, che cede il passo alla festa della Liberazione, ora trionfante nella giornata del 25 aprile. Una scelta precisa di dare spazio ai valori della Resistenza, pur lasciando la parola a tutti, come voleva l'assessore alla cultura Chiara Polita.
Hanno parlato sul palco il sindaco, Andrea Cereser, e la presidente dell'Anpi, Maria Rossitto, dopo la defezione per protesta delle associazioni combattentistiche e d'Arma e del presidente Ennio Mazzon che ha disertato la manifestazione per le incomprensioni dei giorni passati e la solita polemica contro Anpi e partigiani. I combattenti hanno, dunque, partecipato in ordine sparso e autonomamente e sono stati rappresentati da Sergio Follador dell'Anfi, associazione della guardia di finanza, uno dei pochi partigiani ancora in vita nel Basso Piave e storico avversario di Mazzon. Il corteo con le autorità militari e civili ha deposto i fiori nelle varie lapidi e cippi in ricordo dei caduti che sono stati celebrati con solennità.
La presidente dell'Anpi, Rossitto, ha voluto ricordare tutti i morti, ma rimarcato i valori della libertà e della democrazia che dobbiamo alla Resistenza. Nei giorni scorsi è stato ricordata anche la figura del partigiano Gino Donè che da San Donà ha collaborato con gli angloamericani nella Resistenza e poi ha combattuto a fianco di Fidel Castro a Cuba. La comunità di Passarella, dove ha vissuto, e quella di Rovarè di San Biagio, hanno ricordato il combattente per la libertà. A Rovarè, Corrado Vogrig dell'associazione Alice ha proiettato il documentario a lui dedicato di Enrico Coletti con introduzione di Morena Biasion, autrice del libro Un Soffio di Libertà sulla Resistenza sandonatese. Il sindaco, Andrea Cereser, ha usato toni pacati, ma fermi e senza riletture della storia.
«La memoria è una forma di giustizia, forse più alta di quella che non si riesce a trovare nei tribunali», ha detto facendo sua la frase pronunciata dal presidente Giorgio Napolitano, «ricordare quegli eventi di 70 anni fa vuol dire riflettere sul significato della Liberazione dal nazifascismo. Ha voluto dire liberazione dal mito della nazione e del popolo come comunità chiusa. Liberazione dal rifiuto verso i dissenzienti, i diversi, i deboli, le minoranze etniche e religiose. Ha significato liberazione dall’autoritarismo e dal conformismo, da una concezione del potere basata sulla violenza, dall’idea di superiorità razziale, dall’espansionismo aggressivo, dalla celebrazione di un maschilismo ridicolo».
Giovanni Cagnassi
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