Fermo pesca pagato dagli armatori
CHIOGGIA. E se il fermo pesca lo pagassero direttamente gli armatori, andando a conguaglio, poi, con il versamento Iva? La proposta l'ha fatta un armatore chioggiotto, Roberto Penzo “Tanfa”, all'assemblea della marineria veneta che si è tenuta sabato al porto di Chioggia. Una proposta che risolverebbe alla radice un problema che perdura, e si aggrava, da anni: il cronico ritardo nel pagamento del fermo pesca da parte dello Stato. I marinai imbarcati sui pescherecci, in tutta Italia, infatti, aspettano ancor oggi il pagamento del 2012, anche se i fondi sono stanziati da tempo, e non sanno quando riceveranno l'indennità per il 2013, anno per il quale le risorse disponibili sono insufficienti. Parallelamente in Senato è stato proposto un emendamento alla legge di stabilità che stanzierebbe 45-50 milioni per coprire il fermo pesca 2013 e 2014: un tentativo di interrompere il continuo “inseguimento” alle risorse necessarie al mondo della pesca, il cui buon esito, però, è tutto da vedere e rischia di essere vanificato alla prossima difficoltà di bilancio.
La proposta di Penzo, quindi, sarebbe una soluzione accettabile del problema, sia per i marinai che riceverebbero subito le loro spettanze, sia per gli armatori che non dovrebbero subire lo scontento degli equipaggi.
Per tutti, quindi, tranne che per lo Stato, dal momento che, come spiega Silvano Giangiacomi, responsabile nazionale pesca della Fai-Cisl, «con il conguaglio Iva il Ministero farebbe più fatica a monitorare l'andamento della spesa, rispetto all'erogazione diretta». Dunque è sempre “l'inefficienza” statale a impedire, da una parte, pagamenti puntuali, dall'altra, l'utilizzo di sistemi di pagamento alternativi.
Altra questione aperta in tema di welfare per la pesca è la creazione di un ente bilaterale (sostenuto economicamente in quota parte da imprese e lavoratori, ndr) veneto per il settore.
«I numeri, tra addetti e aziende che potrebbero contribuire al finanziamento di un tale ente, in Veneto, ci sono», dice Giangiacomi, «e i relativi fondi potrebbero essere impiegati non solo per coprire la parte sociosanitaria (malattie, infortuni, ecc.) ma anche per corsi di formazione e aggiornamento che stanno diventando sempre più indispensabili per il continuo evolvere della normativa».
Diego Degan
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