«Federico aveva bisogno d’aiuto, nessuno è intervenuto»

Il papà del 32enne di Sottomarina che si è tolto la vita sabato sera: «Ho bussato a tutte le porte, ai Servizi sociali mi hanno trattato male, un prete se l'è cavata con 30 euro». Giovedì i funerali
Federico Pagan
Federico Pagan

SOTTOMARINA. Si svolgeranno giovedì 4 alle 10, nella chiesa di Santo Spirito, i funerali di Federico Pagan, il 32enne che si è ucciso sabato pomeriggio gettandosi dal sesto piano di un palazzo in ristrutturazione. Una morte, la sua, che ha suscitato ondate di polemiche, per la solitudine in cui aveva trascorso gli ultimi mesi della sua vita, senza un aiuto “vero” che potesse risollevarlo.

Federico, solo e abbandonato da tutti: si è gettato nel vuoto
Federico Pagan

Nei social network i più vari commenti prendono di mira le istituzioni civili e religiose, la famiglia, la società nel suo insieme, tutti presunti colpevoli (a seconda dei punti di vista) per non aver saputo aiutare Federico.

In realtà era tutta la famiglia ad avere bisogno di aiuto. «Ho bussato a tutte le porte» dice Massimo Pagan, papà di Federico «nessuno ci ha aiutato. Ai servizi sociali del Comune mi hanno anche trattato male. Un prete se l’è cavata dandomi 30 euro. A dicembre dormivamo in un garage, senza luce, senza acqua, senza riscaldamento, chiudendo la porta e stando in tre su un divano per sentire meno freddo. E tutto è cominciato due anni fa, quando ho perso il lavoro, perché è fallito il panificio in cui lavoravo. Mia moglie non è più in grado di reagire: l’ho persa prima ancora di perdere mio figlio. Ora anche lui non c’è più. Due giorni prima avevamo avuto una discussione per una sciocchezza che lui aveva fatto, e non ho capito che mi stava chiedendo aiuto». In questa situazione solo alcuni privati, che hanno dato alla famiglia una casa, a titolo gratuito ma provvisorio, e un modesto lavoro a Massimo, hanno contribuito ad alleviare le loro sofferenze.

La tenda di Federico piantata al parco nei mesi scorsi
La tenda di Federico piantata al parco nei mesi scorsi

Fino a sabato. Federico, giovane irrequieto e introverso, era rimasto fuori da questo meccanismo. Gli serviva una sostegno che il resto della famiglia, proprio per le condizioni precarie in cui vive, non era in grado di dargli. Doveva intervenire il Comune? Probabilmente sì, ma il paradosso di questa vicenda è che il Comune è intervenuto: con un piccolo sussidio per qualche mese, con l’invito a fare domanda per potergli assegnare una casa. Tutto regolare, tutto come per gli altri “bisognosi”. Ma non abbastanza. Federico e i suoi familiari non potevano mettersi in fila e aspettare: la loro era un’emergenza vera e, a quanto pare, la città, nel suo insieme, non è attrezzata per affrontare queste emergenze, per aiutare chi fatica a chiedere aiuto. E Federico l’ha scoperto a sue spese.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia